L’ordinanza comunale di Portofino, emessa dal sindaco Matteo Viacava e in vigore fino al 30 settembre, inasprisce le misure di controllo del territorio, affrontando una complessa intersezione tra la tutela della vocazione turistica e la gestione delle dinamiche sociali che animano il borgo.
L’atto, che si configura come una risposta a crescenti preoccupazioni legate alla percezione di sicurezza e alla preservazione dell’immagine del luogo, estende il divieto di accattonaggio, comprensivo anche di forme non aggressive, a aree strategiche quali il centro storico, i parcheggi pubblici, le immediate vicinanze delle istituzioni religiose e il celebre molo Umberto I.
Questa decisione, collocata all’interno del contesto di un Comune che si distingue per il suo elevato patrimonio e la sua elevata densità di visitatori ad alto reddito, solleva interrogativi più ampi sulla responsabilità sociale e sull’equilibrio tra diritti individuali e necessità di tutela del bene comune.
La decisione, pur mirando a garantire un’esperienza di viaggio esente da disagi e percepita come esclusiva, rischia di esacerbare le condizioni di vulnerabilità di individui marginalizzati, spingendoli verso aree periferiche o creando dinamiche di invisibilità sociale.
L’ordinanza si giustifica con la necessità di salvaguardare le “peculiari caratteristiche” di Portofino, un territorio riconosciuto a livello globale per la sua vocazione turistica, commerciale, culturale e residenziale.
Questa vocazione, tuttavia, si scontra con una realtà sociale complessa, dove le relazioni umane, le attività economiche e le espressioni culturali tradizionali si trovano a convivere con flussi turistici intensi e spesso caratterizzati da comportamenti ostentati.
Il testo normativo va oltre la semplice proibizione dell’accattonaggio, ampliando il divieto a comportamenti percepiti come disturbanti o degradanti per l’ambiente urbano.
Sono infatti proibiti bivaccare con qualsiasi tipo di attrezzatura, sdraiarsi in spazi pubblici, sedersi per terra, consumare alcolici in luoghi aperti e generare rumori eccessivi dopo mezzanotte e mezza.
Si vieta anche l’esibizione del corpo in stato di nudità o in abbigliamento inadeguato, come costumi da bagno e piedi scalzi.
Il rigore delle sanzioni previste, che variano da 25 a 500 euro, sottolinea l’intento dell’amministrazione comunale di garantire il rispetto delle regole e di dissuadere comportamenti considerati inaccettabili.
Tuttavia, questo approccio solleva interrogativi etici e giuridici sulla legittimità di limitare la libertà di movimento e di espressione, specialmente in relazione a persone in stato di bisogno.
La questione centrale è come bilanciare la necessità di preservare l’identità e l’immagine di un luogo iconico con l’imperativo di garantire una risposta sociale adeguata a chi si trova in difficoltà.
L’ordinanza, pertanto, si configura come un sintomo di una più ampia riflessione sulla responsabilità collettiva di fronte alle disuguaglianze e alle fragilità sociali.