domenica 21 Settembre 2025
25.2 C
Genova

Processo Grillo: riapre il tribunale, destino dei quattro imputati in bilico

Lunedì alle 10:30, il Tribunale di Tempio Pausania riaprirà i suoi cancelli per l’ultima tranche del complesso processo che vede imputati Ciro Grillo e i suoi tre amici genovesi – Edoardo Capitta, Vittorio Lauria e Francesco Corsiglia – accusati di violenza sessuale di gruppo ai danni di due giovani donne.

Il collegio giudicante, originariamente composto da tre magistrati, sarà integrato dal giudice Alessandro Cossu, trasferito ad Asti all’inizio del mese, su disposizione del Consiglio Superiore della Magistratura (CSM).

Tale intervento, una misura non indifferente nel panorama processuale, si rende necessario per garantire la continuità del procedimento, sospeso in precedenza a seguito di un gravissimo lutto che ha colpito il presidente del collegio, Marco Contu, ora pronto a riprendere le sue funzioni.

Il dibattimento, giunto alla fase cruciale delle repliche conclusive da parte del pool difensivo di Grillo jr, si appresta a definire il destino dei quattro imputati.
L’atmosfera è carica di tensione, amplificata dall’incertezza sulla presenza fisica degli imputati stessi e, soprattutto, della principale testimone, la giovane studentessa italo-norvegese che, all’epoca 19enne, denunciò l’episodio di presunta violenza ai carabinieri di Milano.
L’avvocata Giulia Bongiorno, legale della giovane, aveva espresso il desiderio di sua presenza in aula, pur senza conferme definitive, un fattore che potrebbe innescare il ritorno alle udienze a porte chiuse, come avvenuto nelle fasi precedenti.
La richiesta di condanna a nove anni di reclusione, con le attenuanti previste dal codice penale, avanzata dal procuratore Gregorio Capasso al termine di una requisitoria durata complessivamente otto ore, ha delineato la linea accusatoria.

Il pm ha contestato l’incoerenza e la mutevolezza delle dichiarazioni degli imputati, ritenute funzionali a costruire una narrazione distorta in funzione delle indagini.

Al contrario, le difese hanno insistito sulla consensualità dei rapporti sessuali e sulla scarsa credibilità della presunta vittima, definita dall’avvocata Bongiorno come una persona “sopravvissuta alla violenza ma morta dentro”.
Il caso, che ha sollevato un ampio dibattito pubblico e ha messo in discussione i meccanismi di tutela delle vittime di violenza sessuale, pone interrogativi cruciali sulla difficoltà di denunciare e sulla necessità di garantire un percorso di giustizia riparativa che tenga conto del trauma subito.

L’auspicio dell’avvocata Bongiorno è che la sentenza riconosca la correttezza della denuncia, contribuendo a rafforzare la fiducia delle vittime e a confermare il valore della giustizia in Italia, un paese spesso percepito come restio a credere alle donne che denunciano abusi.
Il processo, dunque, non è solo una vicenda giudiziaria, ma un banco di prova per l’intero sistema legale e sociale.

- pubblicità -
- pubblicità -
- pubblicità -
- pubblicità -