L’analisi dei dati relativi ai tempi di permanenza prolungati nei pronto soccorso delle principali strutture ospedaliere italiane, recentemente pubblicati dall’Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali (Agenas), proietta una luce critica sulla gestione dell’emergenza-urgenza in diverse regioni del Paese.
Il caso dell’ospedale San Martino di Genova, collocato al ventunesimo posto in una classifica che coinvolge le ventotto maggiori aziende ospedaliere italiane, evidenzia una problematica diffusa: il quindici virgola due percento dei pazienti si trova a permanere nei locali del pronto soccorso per otto ore o più, un indicatore che segnala potenziali criticità nell’organizzazione dei percorsi diagnostico-terapeutici e nell’allocazione delle risorse.
Questo dato, apparentemente isolato, si inserisce in un quadro nazionale caratterizzato da una marcata eterogeneità.
Se da un lato l’azienda ospedaliera di Padova si distingue per una performance eccezionale, con un solo due virgola nove percento di ricoveri che superano le otto ore, e seguita dall’ospedale Dulbecco di Catanzaro (4,6%) e dall’ospedale di Parma (6,2%), dall’altro emergono situazioni di evidente disagio per la popolazione.
La maglia nera della classifica è ad appannaggio dell’azienda ospedaliera Tor Vergata di Roma, con un allarmante venticinque virgola due percento di pazienti costretti a permanenze prolungate, un dato che riflette potenzialmente una sovraccarica infrastrutturale, difficoltà nell’accesso ai reparti specialistici, carenza di personale medico e infermieristico, o ritardi nell’esecuzione di esami diagnostici.
Simili problematiche si riscontrano anche al Sant’Andrea (23,6%) e all’ospedale di Cagliari (23,1%).
È fondamentale sottolineare che queste percentuali non rappresentano semplici numeri, ma riflettono l’impatto diretto sulla qualità della cura e sul benessere dei pazienti.
Permanenze eccessivamente lunghe in pronto soccorso possono comportare un aumento dell’ansia e del disagio psicologico, un peggioramento delle condizioni cliniche, un aumento del rischio di infezioni ospedaliere e una diminuzione della soddisfazione complessiva nei confronti del sistema sanitario.
L’analisi Agenas invita a una profonda riflessione sulle strategie di gestione dell’emergenza-urgenza a livello nazionale, promuovendo l’adozione di modelli organizzativi innovativi, il potenziamento delle risorse umane e tecnologiche, e il miglioramento della comunicazione e della collaborazione tra le diverse strutture sanitarie.
Il contrasto a queste criticità non è solo un imperativo etico, ma anche un investimento essenziale per garantire un servizio sanitario efficiente, equo e centrato sul paziente.






