Nel cuore del porto di Genova, al largo di Multedo, è emersa una testimonianza tangibile di un problema globale: l’inquinamento da “reti fantasma”.
Un’operazione complessa e articolata, condotta congiuntamente dai Carabinieri Subacquei e dal WWF Italia, ha portato alla rimozione di un’enorme rete da pesca, del peso di 1100 chilogrammi, intrappolata tra i 4 e i 45 metri di profondità, avvolta attorno ai resti di una dismessa piattaforma petrolifera.
Questo recupero, che si configura come uno dei più consistenti mai effettuati dal Centro Carabinieri Subacquei, non è solo un intervento di pulizia, ma un campanello d’allarme sullo stato di salute del nostro mare.
La rete, un tempo strumento di sussistenza per la comunità di pescatori, si è trasformata in una trappola mortale per l’ecosistema marino.
All’interno, sono stati rinvenuti i resti di diverse specie ittiche, tra cui boga e castagnola rossa, e preziose formazioni coralline, evidenziando l’impatto devastante di questi attrezzi abbandonati.
L’operazione, durata dieci giorni di intenso lavoro, ha coinvolto diciassette subacquei, con il supporto scientifico del WWF e la logistica di Amiu Genova per la gestione del materiale recuperato, testimoniando un impegno condiviso tra istituzioni e associazioni ambientaliste.
La tutela dell’ambiente marino, come sottolinea il Vice Comandante del Centro Carabinieri Subacquei, Riccardo Ginex, è parte integrante del core business dell’Arma, affiancandosi al servizio verso i cittadini.
L’intervento, in un ambiente delicato e complesso come quello subacqueo, assume un’importanza ancora maggiore, illuminando la necessità di una maggiore consapevolezza e responsabilità.
Questa operazione si inserisce nel più ampio progetto “Ghost Gear” del WWF, finanziato dalla Fondazione Segre, un’iniziativa volta a mappare, recuperare e prevenire la dispersione di attrezzi da pesca abbandonati nel Mediterraneo.
Il progetto promuove inoltre soluzioni innovative di economia circolare per la gestione delle reti dismesse, incentivando il riutilizzo e il riciclo dei materiali.
Elettra Giampaolitti, responsabile del progetto “Ghost Gear”, evidenzia come queste reti fantasma rappresentino una grave minaccia per i fondali, soffocando le formazioni coralline e interrompendo delicati equilibri ecologici.
I “Ghost Gear” continuano a intrappolare fauna marina – pesci, uccelli, mammiferi marini e tartarughe – anche a distanza di anni dalla loro dispersione, perpetrando un danno ambientale continuo e silenzioso.
La presa in carico della rete da parte di Amiu Genova, e la successiva gestione dello smaltimento secondo le normative vigenti per i rifiuti marini, rappresenta un tassello fondamentale per chiudere il ciclo dell’economia sostenibile.
Come sottolinea Tiziana Merlino di Amiu Genova, ogni recupero non è solo un gesto simbolico, ma un passo concreto verso un mare più pulito e un futuro più sostenibile per le generazioni a venire.
La sfida ora è implementare strategie di prevenzione più efficaci e promuovere una cultura della responsabilità che coinvolga pescatori, istituzioni e cittadini.







