Il peso della responsabilità si fa sentire, accompagnato da una richiesta di perdono e un impegno al risarcimento. È il quadro emerso nell’udienza preliminare di fronte al giudice Carla Pastorini, a cui si sono presentati gli undici ultrà della Sampdoria coinvolti nelle indagini scaturite dai tragici eventi del derby di Coppa Italia contro il Genoa, del 25 settembre. Le richieste di arresto formulate inizialmente dalla Procura, che invocava la carcerazione per undici persone, si sono evolute in una riformulazione più dettagliata: tre richieste di carcerazione, quattro misure di arresti domiciliari e quattro obblighi di firma giornalieri, in attesa che un soggetto risulti ancora irreperibile.La figura chiave dell’accusa, il pubblico ministero Monica Abbatecola, ha illustrato le accuse che gravano sul gruppo, focalizzandosi sulla resistenza a pubblico ufficiale e sul lancio di oggetti durante i disordini. Un elemento particolarmente grave riguarda due dei principali indagati, nei cui confronti è stata chiesta la custodia cautelare più severa, e sui quali ricorre l’aggravante dell’assalto al pullman della squadra, episodio verificatosi il 29 marzo, a seguito della sconfitta interna contro il Frosinone. L’interrogatorio preventivo, introdotto dalla riforma Nordio, ha preceduto la decisione del giudice, il cui verdetto definirà il percorso giudiziario della vicenda.Secondo l’accusa, supportata da un solido dossier probatorio, i quattordici indagati – assistiti dagli avvocati Pietro Bogliolo, Matteo Carpi e Antonio Rubino – rappresentano un pericolo concreto per la sicurezza pubblica. Questo giudizio non si basa unicamente sugli eventi del derby, ma su una storia di precedenti episodi violenti e sull’emergere di ulteriori atti di violenza a seguito del match. La Procura ha ricostruito un quadro di radicamento in dinamiche di conflitto e di una tendenza a comportamenti antisociali.La chiusura delle indagini, avvenuta a metà aprile, ha formalizzato le accuse nei confronti di ventinove ultrà, tra rossoblù e blucerchiati. Oltre alla resistenza a pubblico ufficiale aggravata, sono contestati il porto d’armi e la violazione delle misure di prevenzione, i cosiddetti Daspo. La ricostruzione degli eventi del 25 settembre rivela una crescente tensione tra le due tifoserie, che si sono affrontate ripetutamente, sedate a stento dall’intervento delle forze dell’ordine. La scintilla che ha innescato la guerriglia urbana, una vera e propria battaglia per le strade, è stata l’esposizione di striscioni storici, frutto di precedenti furti tra le due fazioni. Questo gesto simbolico ha trasformato una già tesa situazione in un’esplosione di violenza, segnando un ulteriore capitolo di una rivalità che affonda le radici in un contesto sociale e culturale complesso. L’episodio testimonia come la passione per il calcio, quando distorta e alimentata da dinamiche di gruppo, possa degenerare in comportamenti illegali e pericolosi, mettendo a rischio l’incolumità di persone e la convivenza civile.
Sampdoria-Genoa: Ultrà a processo, tra richieste di arresto e pentimento.
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