La vicenda che coinvolge la scomparsa improvvisa di una donna di 64 anni, deceduta per arresto cardiaco in spiaggia a seguito di una recente dimissione ospedaliera, solleva interrogativi complessi e richiede un’analisi accurata delle dinamiche sanitarie intervenute.
La Procura della Repubblica di Lavagna, guidata dalla sostituto procuratore Daniela Pischetola, ha formalmente iscritto nel registro degli indagati, con l’ipotesi di omicidio colposo, sia il medico responsabile della dimissione che il cardiologo che aveva precedentemente visitato la paziente.
Questa decisione, improntata al principio di cautela, riflette la necessità di un’indagine approfondita volta a ricostruire l’iter diagnostico-terapeutico e a verificarne la conformità alle migliori pratiche cliniche e alle linee guida consolidate.
L’inchiesta si concentra ora sull’esame scrupoloso delle cartelle cliniche, un processo cruciale per accertare se tutti gli accertamenti necessari siano stati eseguiti e interpretati correttamente, specialmente considerando la natura del sintomo iniziale: un dolore toracico, pur descritto come “aspecifico”, che richiede un’attenta valutazione.
La direzione dell’Asl 4 aveva inizialmente fornito una nota, delineando la sequenza degli eventi: la paziente, M.
V.
, si era presentata al pronto soccorso lamentando un dolore al petto insorto la sera precedente, in seguito ad un bagno in mare.
La nota dell’azienda sanitaria sottolineava l’esecuzione di una serie di indagini diagnostiche, tra cui radiografie, elettrocardiogrammi ed esami ematici mirati alla valutazione degli enzimi cardiaci, tutti risultati apparentemente negativi.
Nonostante questi risultati, era stata prescritta una terapia sintomatica e la paziente era stata dimessa con raccomandazione di consulto medico di base e gestione dei sintomi a domicilio.
La tragicità della vicenda risiede nell’inattesa e fulminante ricaduta del quadro clinico, avvenuta a distanza di un giorno dalla dimissione, durante un momento di svago in spiaggia.
L’intervento tempestivo del personale del 118 non si è rivelato sufficiente a salvare la vita della donna.
L’autopsia, disposta d’urgenza, si prefigge di fornire elementi cruciali per determinare la causa precisa del decesso, escludendo o confermando ipotesi di patologie preesistenti non diagnosticate o di complicanze acute insorte a seguito della dimissione.
L’inchiesta, pertanto, mira a chiarire se la valutazione clinica iniziale fosse adeguata, se i test diagnostici fossero sufficienti per escludere patologie cardiache significative e se la decisione di dimettere la paziente fosse giustificata in relazione al rischio clinico residuo.
Il caso solleva, inoltre, interrogativi sulla gestione del dolore toracico in pronto soccorso e sulla necessità di protocolli più rigorosi per la rivalutazione dei pazienti a domicilio, soprattutto in contesti di incertezza diagnostica.