La vicenda che coinvolge la scuola dell’infanzia di Roverino, a Ventimiglia, si fa sempre più complessa, segnando un punto di rottura tra alcune famiglie e l’istituzione scolastica.
Sei nuclei familiari, nel segno di una resistenza pacifica ma decisa, continuano a non far frequentare i propri figli alle lezioni, innescando un confronto con la dirigente scolastica, Antonella Costanza, derivante da una scelta amministrativa che ha generato profonda perplessità e malcontento.
Al centro della controversia vi è il trasferimento della maestra, figura pedagogica a cui i bambini, prevalentemente di cinque anni, si erano legati profondamente, creando un solido rapporto di fiducia e affetto.
Questa decisione, percepita come inattesa e priva di una chiara giustificazione, ha scosso l’equilibrio emotivo dei piccoli e ha suscitato interrogativi nei genitori, che si sentono esclusi da un processo decisionale che incide direttamente sulla qualità dell’istruzione dei loro figli.
Nico Martinetto, scelto come portavoce di questo gruppo di genitori, ha formalizzato la richiesta di un incontro con la dirigente, esprimendo il desiderio di comprendere le motivazioni alla base del trasferimento e auspicando una revisione della scelta.
Questa richiesta non è solo una manifestazione di dissenso, ma anche un tentativo di instaurare un dialogo costruttivo, volto a chiarire le ragioni che hanno portato a questa decisione e a trovare una soluzione che tenga conto delle esigenze e delle preoccupazioni delle famiglie.
L’episodio solleva questioni più ampie riguardanti il ruolo dei genitori nel sistema scolastico, il diritto di accesso all’informazione e la trasparenza delle decisioni amministrative.
È evidente come il legame affettivo tra bambini, insegnanti e famiglie sia un elemento fondamentale per la creazione di un ambiente educativo sereno e stimolante, e come qualsiasi cambiamento improvviso possa destabilizzare questo equilibrio.
La vicenda pone l’accento sull’importanza di una comunicazione efficace tra scuola e famiglia, che consenta di condividere informazioni, affrontare problemi e prendere decisioni in modo partecipativo e consapevole.
La speranza è che il dialogo possa riprendere, portando a una soluzione che rispetti i diritti di tutti e garantisca il benessere dei bambini.
Il caso di Roverino diventa, quindi, un microcosmo di un problema più ampio: la necessità di ripensare il rapporto tra istituzioni educative e comunità locale, ponendo al centro il benessere e la crescita dei bambini.