La recente intesa preliminare, siglata presso il Ministero delle Imprese e del Made in Italy, relativa alla transizione verso la decarbonizzazione degli impianti siderurgici dell’area ex Ilva, solleva più interrogativi che risposte concrete.
Sebbene delinei un quadro di intenti, l’accordo omette di definire cronoprogrammi precisi per l’abbandono dei forni a combustibile fossile e l’implementazione di tecnologie elettriche innovative.
La questione cruciale della localizzazione del futuro polo DRI (Direct Reduced Iron), fondamentale per la produzione del preridotto – il materiale grezzo indispensabile per l’alimentazione dei forni elettrici – rimane ancora irrisolta.
Questa mancanza di dettaglio, pur non essendo una deviazione dai principi generali del progetto di decarbonizzazione, evidenzia le complessità intrinseche di un’operazione di tale portata.
La transizione siderurgica non è semplicemente una questione tecnologica; è un processo complesso che intreccia aspetti economici, ambientali, geopolitici e sociali.
La scelta del sito per il polo DRI, ad esempio, non può essere guidata unicamente da criteri tecnici, ma deve tener conto di fattori come la disponibilità di infrastrutture energetiche, la logistica, la vicinanza alle fonti di materie prime e l’impatto sul territorio e sulle comunità locali.
L’impegno a riconvocare il tavolo tecnico dopo il 15 settembre – data ultima per la presentazione delle offerte vincolanti della nuova procedura di gara – è un passaggio formale che mira a valutare i risultati iniziali della gara e a riprendere la discussione sulla localizzazione del polo DRI.
Tuttavia, è cruciale che questa successiva riunione non si limiti a una mera verifica di conformità, ma si trasformi in un forum di discussione approfondito e costruttivo, che coinvolga tutte le parti interessate: il Governo, le imprese, le organizzazioni sindacali, le associazioni ambientaliste e i rappresentanti delle comunità locali.
La decarbonizzazione dell’acciaio è un imperativo globale, accelerato dalla necessità di raggiungere gli obiettivi di riduzione delle emissioni stabiliti dall’Accordo di Parigi e dalle crescenti pressioni dei mercati internazionali, sempre più orientati verso prodotti a basse emissioni di carbonio.
L’implementazione di tecnologie innovative come i forni elettrici alimentati da idrogeno o da energia rinnovabile non solo ridurrà l’impronta ambientale dell’industria siderurgica italiana, ma creerà anche nuove opportunità di sviluppo economico e di creazione di posti di lavoro qualificati.
Tuttavia, il successo di questa transizione dipenderà dalla capacità di superare le sfide tecniche, economiche e sociali che ancora permangono.
È necessario un approccio integrato, che combini investimenti in ricerca e sviluppo, incentivi finanziari, formazione professionale e un dialogo aperto e trasparente con tutte le parti interessate.
L’accordo preliminare rappresenta un punto di partenza, ma il vero lavoro di trasformazione è appena cominciato, e richiederà un impegno costante e una visione a lungo termine.
La discussione sulla localizzazione del polo DRI, in particolare, dovrà essere affrontata con la massima serietà, al fine di garantire che la transizione siderurgica sia sostenibile, inclusiva e vantaggiosa per tutti.