La persistente emergenza dello spaccio nel cuore del tessuto urbano genovese richiede un cambio di paradigma radicale, ben oltre i ripetuti e ormai insufficienti interventi di mera repressione.
I controlli rafforzati, le ordinanze permanenti e il massiccio impiego di risorse esterne, come il Reparto Prevenzione Crimine di Torino, si rivelano una risposta parziale e inefficace, confinate a un circolo vizioso che non affronta le radici profonde del fenomeno.
Il rischio è quello di un “effetto imbuto” nella gestione delle conseguenze, un accumulo di attività successive all’intervento che sovraccarica le risorse e non permette una visione strategica a lungo termine.
L’attuale approccio, consolidato da oltre un decennio, si concentra sulla gestione della sintomatologia, lasciando inalterato il sistema che la alimenta.
La semplice rimozione dei “manovali” non può scalfire le strutture di potere che orchestano le attività illecite, né spezzare la rete di relazioni che ne garantisce la continuità.
È necessario, pertanto, un’indagine mirata e strutturata, capace di identificare e colpire i nodi centrali della criminalità organizzata, disarticolando le catene di comando e le fonti di finanziamento.
Tuttavia, la lotta alla criminalità non può limitarsi alla dimensione repressiva.
La riappropriazione sociale del centro storico rappresenta un fattore imprescindibile per il successo di qualsiasi strategia.
La mera presenza delle forze dell’ordine, per quanto massiccia, non può sostituire un reale coinvolgimento della comunità.
È fondamentale, quindi, stimolare un’inversione di tendenza, contrastando il degrado urbano e sociale attraverso un piano strutturale di incentivi economici per i commercianti, le attività sociali e le associazioni di quartiere.
Questo piano deve includere investimenti mirati a sostenere chi resiste alla desertificazione commerciale, a promuovere progetti di comunità che offrano servizi psicologici, educativi e di prossimità.
L’attuazione concreta dei Patti per la Sicurezza Urbana, previsti dal Decreto Minniti del 2017, rappresenta un punto di partenza cruciale.
L’istituzione degli Osservatori Municipali della Sicurezza, collegati a questi Patti, potrebbe favorire la condivisione di informazioni e la creazione di una rete di collaborazione tra istituzioni e cittadini.
In definitiva, la soluzione non risiede in un aumento indiscriminato delle pattuglie, ma in un approccio olistico che combini repressione mirata, rigenerazione urbana, coesione sociale e partecipazione attiva della comunità.
Solo così sarà possibile spezzare la linfa criminale che affligge il centro storico genovese e restituire ai suoi abitanti un ambiente sicuro e vivibile.
La sfida è complessa, ma non insormontabile, a patto di abbandonare i modelli del passato e abbracciare una visione innovativa e lungimirante.