L’onda di mobilitazione studentesca, nata dalle occupazioni del Klee Barabino e dell’Istituto Calvino, si è estesa a due ulteriori istituti genovesi, il Vittorio Emanuele-Ruffini e il liceo Gobetti, testimoniando un profondo sentimento di solidarietà verso la popolazione palestinese a Gaza e un sostegno attivo alla missione della Global Sumud Flotilla, un’iniziativa che mira a rompere il blocco imposto alla Striscia.
Queste azioni, coordinate dal collettivo “Osa” e rese pubbliche tramite manifesti e comunicazioni dirette, si configurano come un atto di dissenso più ampio, che trascende la mera protesta umanitaria e si rivolge alle politiche governative nazionali.
L’immagine evocata è quella di un “scleriffo”, un riferimento diretto al Ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara, percepito come una figura autoritaria e repressiva nei confronti delle istanze studentesche.
La scelta di questo termine, carico di connotazioni negative, sottolinea la volontà di denunciare una presunta mancanza di apertura e dialogo da parte del governo nei confronti delle problematiche sollevate dagli studenti.
Al Vittorio Emanuele-Ruffini, il clima appare segnato da un appoggio significativo da parte del corpo docente, che condivide le preoccupazioni e le motivazioni alla base dell’occupazione.
Questo elemento suggerisce un potenziale punto di convergenza tra studenti e insegnanti, in un momento storico caratterizzato da tensioni e disaffezione verso le istituzioni.
Il liceo Gobetti, con la sua focalizzazione sulle Scienze Umane, aggiunge un ulteriore strato di complessità alla protesta.
Oltre alle motivazioni di carattere internazionale, legate alla situazione palestinese, si sommano le problematiche locali, in particolare la controversa decisione di chiudere la succursale di via Spataro.
Questa scelta amministrativa, vista come un’ulteriore limitazione dell’offerta formativa e un segno di disattenzione verso le esigenze del territorio, ha amplificato il sentimento di rabbia e frustrazione tra gli studenti, alimentando la mobilitazione.
Gli occupanti, dimostrando un’iniziativa autonoma e responsabile, hanno predisposto un calendario di attività autogestite e incontri, trasformando gli spazi scolastici in luoghi di dibattito, riflessione e impegno civico.
Questa capacità di riappropriarsi degli spazi e di organizzare iniziative proprie rappresenta una forma di resistenza pacifica e un tentativo di costruire alternative concrete al sistema educativo tradizionale.
Le occupazioni del Klee Barabino e dell’Istituto Calvino, precedentemente iniziate, si sono concluse, ma l’eco di queste azioni e l’impegno dimostrato dagli studenti continuano a risuonare, alimentando la speranza di un cambiamento significativo nel panorama educativo e politico.
Il movimento, più che una serie di eventi isolati, si presenta come un segnale di crescente consapevolezza critica e di un desiderio profondo di partecipazione attiva alla costruzione di un futuro più giusto e solidale.
La questione palestinese funge da catalizzatore, ma le istanze sottese riguardano la libertà di espressione, la giustizia sociale e la democratizzazione delle istituzioni scolastiche.