Il processo per violenza sessuale di gruppo, in corso a Tempio Pausania, giunge a una fase cruciale. L’aula di giustizia è chiamata a decidere il destino di Ciro Grillo, Francesco Corsiglia, Vittorio Lauria ed Edoardo Capitta, giovani provenienti da Genova, accusati di aver perpetrato una violenza in danno di due studentesse, una italo-norvegese e la sua amica. Le recenti udienze, culminate con la requisitoria del procuratore Gregorio Capasso e le arringhe della difesa civile, hanno delineato un quadro complesso, ora sottoposto al vaglio dei difensori degli imputati, previste per i giorni 10, 11 e 12 agosto.Il Pubblico Ministero, nel formulare la richiesta di nove anni di reclusione per ciascun imputato, attenuata dall’età, non lascia spazio a dubbi circa la responsabilità dei giovani nell’episodio avvenuto nella villa di Porto Cervo tra il 16 e il 17 luglio 2019. L’accusa sostiene la ricostruzione di una violenza di gruppo, un evento traumatico che ha segnato profondamente le vittime.La difesa, tuttavia, contesta l’interpretazione dei fatti e l’entità delle pene richieste. I legali sottolineano come la richiesta di condanna, qualora accolta, dovrebbe tenere conto delle normative vigenti all’epoca dei fatti, potenzialmente attenuando le sanzioni. Questa argomentazione solleva una questione di diritto rilevante: l’applicazione retroattiva di una legislazione più severa potrebbe compromettere il principio di legalità, cardine del sistema giudiziario.L’avvocato Gennaro Velle, difensore di Francesco Corsiglia, ha espresso un cauto ottimismo, evidenziando come la sua strategia difensiva si concentrerà sulla messa in discussione dell’attendibilità della testimonianza delle vittime e sulla presentazione di elementi a sostegno dell’innocenza del suo assistito. Questa linea di difesa suggerisce una potenziale focalizzazione su aspetti procedurali o sulla credibilità delle prove raccolte, piuttosto che sulla negazione integrale del fatto.Il caso, che ha generato un’ampia risonanza mediatica e un acceso dibattito pubblico, solleva interrogativi profondi sulla cultura del consenso, sulla tutela delle vittime di violenza sessuale e sul ruolo della giustizia nel garantire la certezza del diritto. La sentenza, attesa per i primi giorni di settembre, sarà un momento cruciale per il sistema giudiziario sardo e per la società nel suo complesso, rappresentando un banco di prova per l’applicazione della legge e per la ricerca di una risposta adeguata a un crimine che scuote le fondamenta della convivenza civile. L’auspicio è che la decisione possa contribuire a promuovere una maggiore consapevolezza e a rafforzare i meccanismi di prevenzione e di protezione delle vittime.
Tempio Pausania, processo Grillo: arringhe finali e sentenza in arrivo
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