sabato 16 Agosto 2025
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Genova

Umberto Efeso crolla: avvocato difende, braccialetto difettoso?

Il crollo emotivo di Umberto Efeso, autotrasportatore arrestato con l’accusa di omicidio volontario della moglie Tiziana Vinci, è stato descritto dal suo avvocato, Andrea Buondonno, come uno stato di profonda confusione e angoscia.

Il legale, insieme al collega Nunzio Gallo, ha riferito di aver trovato l’uomo in preda al pianto e disorientato, in seguito a un colloquio avvenuto presso la caserma dei carabinieri della Spezia.
L’incontro, a detta dell’avvocato, si è rivelato particolarmente difficile.
Efeso ha manifestato difficoltà a ricostruire la sequenza degli eventi, ripetendo più volte di non ricordare nulla.
La situazione ha sollevato interrogativi sulla sua piena capacità di comprendere la gravità delle accuse e di collaborare attivamente alla difesa.
Il caso assume particolare rilevanza alla luce di una denuncia precedente, presentata dallo stesso Efeso ai carabinieri.

L’uomo aveva segnalato ripetuti malfunzionamenti del braccialetto elettronico, dispositivo che avrebbe dovuto garantire il rispetto della misura di non avvicinamento alla moglie.
Secondo la ricostruzione fornita dall’avvocato, Efeso aveva contattato il suo legale lamentando la frequente perdita di carica del braccialetto, un problema che si manifestava in coincidenza con incontri inattesi con la vittima, suggerendo una potenziale compromissione del sistema di allerta.

La denuncia del malfunzionamento del braccialetto elettronico pone l’accento su una problematica strutturale e sistemica più ampia, riguardante l’efficacia degli strumenti di prevenzione e protezione per le donne vittime di violenza.

L’avvocato Buondonno ha sottolineato come il sistema italiano, a differenza di modelli più avanzati adottati in alcuni paesi del Nord Europa, manchi di una rete di sorveglianza integrata e di un monitoraggio costante degli spostamenti, lasciando scoperto sia l’indagato che, soprattutto, la potenziale vittima.

La mancanza di un collegamento attivo con le autorità competenti, in grado di segnalare prontamente eventuali violazioni, rende il dispositivo un elemento formale, privo di reale utilità nel prevenire tragedie.
Questo episodio riapre il dibattito sull’importanza di un approccio più proattivo e multidisciplinare nella gestione dei casi di violenza domestica, che non si limiti all’applicazione di misure cautelari, ma comprenda anche un supporto psicologico e sociale adeguato sia per la vittima che per l’autore del reato, al fine di affrontare le cause profonde della violenza e prevenire la recidiva.
L’efficacia delle misure di protezione, come il braccialetto elettronico, dipende non solo dalla tecnologia utilizzata, ma soprattutto dalla capacità del sistema giudiziario e delle forze dell’ordine di interpretare correttamente i segnali di pericolo e di intervenire tempestivamente per garantire la sicurezza di tutti.
Il caso Efeso, quindi, si configura come un campanello d’allarme, che invita a una riflessione critica e a un’azione concreta per migliorare la tutela delle donne vittime di violenza e per costruire una società più giusta e sicura.

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