Violenza sulle donne in Liguria: 1.702 storie, un campanello d’allarme.

Il dato di 1.702 donne liguri attualmente in carico ai Centri Antiviolenza regionali, elaborato dalla Regione Liguria per la Giornata Internazionale per l’Eliminazione della Violenza contro le Donne, non è solo una fotografia di una realtà complessa, ma un campanello d’allarme che risuona con insistenza.
Più che un numero, si tratta di 1.702 storie di sofferenza, di paura, di resilienza, intrappolate in dinamiche di controllo e abuso che erodono la dignità umana e compromettono il benessere sociale.

L’incremento di circa 100 donne rispetto alla precedente rilevazione, pur segnando un passo avanti nella consapevolezza e nella propensione a chiedere aiuto, non deve essere interpretato come un successo, ma come una conferma della pervasività del fenomeno.
La scelta di aprirsi, di rompere il silenzio, è un atto di coraggio immenso, spesso compiuto dopo anni di isolamento e paura.

Tuttavia, la crescita del numero di accessi ai servizi antiviolenza è un indicatore indiretto dell’incapacità della società di prevenire la violenza di genere e di offrire adeguate forme di protezione.
L’impegno regionale, testimoniato dall’allocazione di oltre 2 milioni di euro per il supporto ai Centri Antiviolenza (CAV) e ai Consultori UtiIizzatrici Avviate (CUAV), e dall’integrazione di interventi mirati con iniziative di sensibilizzazione e promozione della cultura del rispetto, è fondamentale.
È necessario superare la logica del mero intervento emergenziale e investire in programmi di prevenzione primaria, rivolti a bambini, adolescenti e giovani adulti, per decostruire stereotipi di genere, promuovere relazioni paritarie e insegnare a riconoscere e denunciare segnali di abuso.

La distribuzione geografica dei casi, con una concentrazione maggiore nella Città Metropolitana di Genova, evidenzia disomogeneità territoriali che richiedono un’analisi più approfondita delle specifiche esigenze e delle risorse disponibili in ciascuna provincia.
È imprescindibile garantire un accesso equo e capillare ai servizi antiviolenza, eliminando barriere culturali, linguistiche e logistiche che possono ostacolare la richiesta di aiuto.

Le iniziative programmate per il 25 novembre, con il coinvolgimento delle scuole e del mondo dell’arte, rappresentano un’occasione per amplificare il messaggio di contrasto alla violenza e per sensibilizzare l’opinione pubblica.
L’installazione performativa “Siamo molte, siamo una”, con il filo rosso che unisce oltre cento partecipanti, simboleggia la responsabilità collettiva e la necessità di un impegno condiviso per costruire una società libera dalla violenza di genere.

Oltre alle azioni concrete di supporto alle donne vittime di violenza, è cruciale promuovere un cambiamento culturale profondo, che metta al centro il rispetto, la parità e la valorizzazione della differenza.

È necessario un lavoro costante di educazione, di informazione e di sensibilizzazione, che coinvolga tutte le componenti della società, per costruire un futuro in cui nessuna donna debba più vivere nella paura e nell’oppressione.
Il numero 1.702 non può rimanere una mera statistica, ma un monito costante a intensificare gli sforzi per garantire a tutte le donne il diritto a una vita libera e dignitosa.

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