Il Teatro Nervi, iconico palcoscenico affacciato sul golfo ligure, ha riaperto le sue porte al Balletto dell’Opera di Parigi, quarantatrè anni dopo l’indimenticabile Don Chisciotte di Minkus, che vide emergere giovani talenti come Loudieres e Dupond. Il ritorno della prestigiosa compagnia francese, atteso con fervore dal pubblico genovese, si è rivelato un evento complesso, segnato da una sensazione di incompletezza che ha inevitabilmente temperato l’entusiasmo iniziale.La serata, denominata “Signature Pieces”, si è configurata come un mosaico di creazioni coreografiche, piuttosto che come un vero e proprio spettacolo unitario. Un allestimento ridotto, forse dettato da necessità logistiche legate all’umidità e alla sicurezza del palcoscenico, ha limitato la durata complessiva a poco più di un’ora, lasciando un senso di desiderio inespresso. L’auspicio di un balletto completo, arricchito dalla potenza di un’orchestra dal vivo, si è scontrato con la realtà di registrazioni audio che, in alcuni momenti, non hanno pienamente supportato la raffinatezza artistica delle danze.Il programma ha offerto un variegato campionario di stili e interpretazioni. L’apertura con il Grand Pas Classique di Gsovsky, magistralmente eseguito da Battistoni e Mura, ha incarnato l’eleganza e la precisione del balletto classico. L’estratto da Raymonda, con la rielaborazione di Nureiev sulle coreografie originali di Petipa, ha regalato un momento di intenso lirismo, grazie alla coesione di un corpo di ballo impeccabile e all’interpretazione di Park e Marque.La presenza di Roland Petit, figura chiave nella storia della danza francese e direttore artistico dei Parchi di Nervi in passato, si è manifestata attraverso “Le Jeune Homme et la Mort”, un duetto di forte impatto emotivo, ispirato alla musica di Bach. L’idea narrativa, che vede il destino personificato da una figura inquietante condurre un giovane verso un tragico epilogo, è potente, ma l’esecuzione ha mostrato una certa dissonanza tra la gestualità intensa e la partitura musicale, smorzandone l’effetto complessivo. Merita comunque l’applauso caloroso riservato a Hugo Marchand e Roxane Stojanov, interpreti convincenti dei ruoli principali.Successivamente, Dorothée Gilbert ha incantato il pubblico con la sua interpretazione del Cigno di Michel Fokine, seguito dal pas de deux “Le Parc” di Preljocaj, un’opera che ha visto Ludmila Pagliero e Mathieu Ganio esprimere un’abilità tecnica e artistica encomiabile.A margine dello spettacolo, si segnala un miglioramento nell’organizzazione dei servizi al pubblico, con la riqualificazione dell’ex foresteria e l’introduzione di un bar gestito da Esselunga, situato in una posizione strategica. Tuttavia, la limitata disponibilità di tavoli, se comparata alla vastità del prato della platea, rappresenta un’occasione mancata per sfruttare appieno le potenzialità del luogo, riducendo l’esperienza complessiva del pubblico. La serata ha lasciato un’eco di potenziale inespresso, un desiderio di rivedere il Balletto dell’Opera di Parigi in un allestimento più completo e immersivo, che possa onorare appieno la bellezza e la grandezza della danza francese.
Balletto a Nervi: Ritorno incantevole, ma con qualche riserva.
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