Nel cuore dell’Italia, flagellata dalle macerie di una guerra che neppure sembra volgere al termine, si staglia “Quando gli alberi parlano”, l’opera d’esordio di Donatella Alfonso, un romanzo che svela le crepe profonde di un’epoca sospesa tra speranza e disperazione.
Il 1944, anno di transizione incerta, si insinua nelle viscere di un piccolo borgo ligure, un crocevia di destini incagliati nella morsa del conflitto.
Alfonso, giornalista acuta osservatrice della realtà, dipinge un affresco vivido e commovente, scardinandolo dai cliché della narrazione bellica.
Non si limita a raccontare battaglie e atti di coraggio, ma si addentra nell’animo umano, esplorando le zone d’ombra della moralità, i compromessi imposti dalla sopravvivenza, la fragilità dell’identità.
La protagonista, Antonia, incarnazione della resilienza femminile, si trova catapultata in un vortice di eventi che la costringeranno a confrontarsi con scelte dolorose e a misurare il prezzo della lealtà.
L’irruzione nella sua vita del tenente tedesco Martin, figura complessa e dissonante, rappresenta una frattura inattesa.
Martin non è l’aggressore stereotipato, ma un intellettuale tormentato, diviso tra il giuramento di fedeltà e la compassione per la gente del luogo.
Il suo rispetto per la cultura e le tradizioni locali lo rende un elemento estraneo sia agli occhi dei suoi commilitoni, schierati in una logica di occupazione brutale, sia agli occhi degli abitanti del borgo, sospettosi e diffidenti.
Tra Antonia e Martin sboccia un amore proibito, un sentimento nato tra le macerie e alimentato dalla speranza di un futuro diverso.
Tuttavia, la loro relazione si rivela un campo minato di paure e sospetti, costellato da tradimenti e segreti inconfessabili.
La volontà di Martin di appoggiare la resistenza partigiana lo pone in una posizione sempre più pericolosa, conducendolo a una sparizione improvvisa che scatena una spirale di violenza e terrore.
La narrazione si estende per quasi quarant’anni, abbandonando il dramma bellico per affrontare le ferite che si rimarginano lentamente, ma che non scompaiono mai del tutto.
Alfonso, con maestria, intreccia il passato e il presente, svelando gradualmente i segreti che hanno avvelenato le vite dei protagonisti.
Solo negli anni Ottanta, con la riemersione inattesa della verità, si potrà fare luce sulle responsabilità individuali e sulla vera identità del traditore che ha denunciato i partigiani.
“Quando gli alberi parlano” non è solo un romanzo storico, ma una profonda riflessione sulla natura umana, sulla memoria e sulla necessità di confrontarsi con il proprio passato.
Il territorio ligure, non mero sfondo, si rivela un personaggio a sé stante, con le sue tradizioni, le sue superstizioni e la sua bellezza selvaggia.
La spianata alberata, luogo di incontro e di dialogo, diventa il cuore pulsante della storia, testimone silenzioso dei sentimenti di Antonia e Martin.
Il romanzo, scritto con uno stile scorrevole e suggestivo, offre una caratterizzazione intensa e realistica dei personaggi, delineando con precisione le atmosfere e le dinamiche tipiche di un piccolo paese dell’entroterra.
La presenza di una figlia segreta, frutto dell’amore proibito tra Antonia e Martin, introduce un elemento di mistero e di potenziale riconciliazione, lasciando il lettore con una domanda aperta sulla possibilità di un futuro condiviso.
Un’opera che interroga il passato per illuminare il presente, e che celebra la forza dell’amore e della speranza anche nelle circostanze più avverse.