L’avvento dell’intelligenza artificiale non è un mero fenomeno tecnologico, ma una trasformazione epocale che interseca profondamente il futuro del lavoro, la sicurezza dei lavoratori e l’evoluzione stessa della contrattazione collettiva. Questa è la sfida che emerge con chiarezza dall’analisi dell’on. Cesare Damiano, presidente del Centro Studi Lavoro e Welfare, in occasione del Festival del Lavoro a Genova, ponendo l’accento sulla necessità di un approccio proattivo e lungimirante.La riflessione si concentra su un tema cruciale: come conciliare l’innovazione tecnologica con la tutela della dignità e dell’integrità del lavoratore, riducendo drasticamente, e possibilmente eliminando, l’inaccettabile bilancio di mille morti sul lavoro all’anno – un’emergenza che si traduce in tre vittime ogni singolo giorno.L’impatto dell’IA si articola su tre livelli interconnessi. Innanzitutto, la questione occupazionale: l’IA creerà o distruggerà posti di lavoro? Questa domanda, oggetto di dibattito filosofico e tecnico da tempo, non trova risposte univoche e necessita di un’analisi continua e dinamica, che tenga conto delle specificità settoriali e delle politiche di riqualificazione professionale.In secondo luogo, l’IA ridefinirà le professionalità. Non si tratta solo di sostituire compiti manuali o intellettuali, ma di ridefinire il ruolo del lavoratore, potenziando le sue competenze e liberandolo da attività ripetitive e gravose, consentendogli di dedicarsi a compiti a maggiore valore aggiunto e che richiedono creatività e capacità di problem-solving.Infine, e forse più significativamente, l’IA offre opportunità inedite per la prevenzione degli infortuni e la tutela dell’integrità psicofisica del lavoratore. Le applicazioni spaziano dai badge di cantiere e i sistemi di monitoraggio digitale, ai microchip integrati nei dispositivi di protezione individuale, dai sensori di caduta ai sistemi di allerta per lavoratori isolati. Sistemi intelligenti possono essere integrati in macchinari e veicoli, come carrelli elevatori, per evitare collisioni e incidenti. L’Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL) ha recentemente pubblicato un rapporto che evidenzia il potenziale di queste tecnologie.La sfida, però, non è solo tecnologica, ma anche contrattuale. È necessario sviluppare nuove forme di contrattazione collettiva, coinvolgendo sindacati, datori di lavoro e rappresentanti dei lavoratori, per garantire che l’IA sia utilizzata a fini di tutela e non di controllo. È fondamentale tradurre le linee guida europee in comportamenti concreti e prevedibili, stabilendo confini chiari tra l’utilizzo dell’IA per la sicurezza e la protezione dei lavoratori e quello finalizzato alla sorveglianza e all’intensificazione del lavoro.L’applicazione indiscriminata dell’IA può, infatti, generare nuovi rischi, tra cui l’invasione della privacy, l’intensificazione del lavoro e il cosiddetto “tecnostress”, ovvero l’insieme di disturbi fisici e psicologici derivanti dall’uso eccessivo e inadeguato delle tecnologie.Per affrontare queste sfide, è indispensabile un approccio proattivo e partecipativo, che promuova la formazione, l’informazione e la sensibilizzazione di tutti gli attori coinvolti. È necessario incentivare gli investimenti in tecnologie innovative che migliorino la sicurezza e la qualità del lavoro, ma anche monitorare attentamente i loro effetti e adottare misure correttive in caso di impatti negativi. La contrattazione collettiva, in questo contesto, assume un ruolo centrale, come strumento per definire regole chiare e trasparenti, garantire la partecipazione dei lavoratori alle decisioni e promuovere una cultura della sicurezza e della responsabilità. La nuova era del lavoro richiede una visione olistica, che integri progresso tecnologico e tutela del benessere umano.