La questione del livello del mare e delle sue implicazioni per le infrastrutture portuali italiane richiede un ripensamento strategico che vada oltre interventi marginali, abbracciando un approccio proattivo e lungimirante.
La necessità impellente di dragaggi, ormai divenuti un problema critico per numerosi scali, segnala un sintomo di una sfida ben più ampia e complessa.
La mera manutenzione, senza un investimento strutturale mirato e con tempi di esecuzione definiti, rischia di compromettere la competitività portuale italiana, privandola di traffici vitali e di opportunità di crescita economica.
L’intervento di Pierfrancesco Vago, presidente esecutivo della divisione passeggeri del Gruppo MSC, pronunciato nel contesto della cerimonia di varo di tre navi di lusso per Explora Journey, sottolinea con chiarezza l’urgenza della situazione.
Non si tratta di una semplice gestione di un problema contingente, ma di un adattamento necessario di fronte alle trasformazioni profonde in atto.
Il cambiamento climatico agisce come un acceleratore, intensificando le pressioni sulle infrastrutture portuali.
L’innalzamento del livello del mare, combinato con l’aumento della frequenza e dell’intensità degli eventi meteorologici estremi – maremoti, tempeste, ondate di calore – esige un rafforzamento sistematico delle banchine, un potenziamento delle difese costiere attraverso la costruzione di nuove opere di ingegneria marittima e un adeguamento delle infrastrutture esistenti.
Questo implica non solo la protezione fisica delle strutture, ma anche la garanzia della sicurezza delle operazioni portuali e la salvaguardia del territorio circostante.
Parallelamente, la transizione verso un’economia più sostenibile pone nuove sfide operative.
L’adozione diffusa del gas naturale liquefatto (GNL) e lo sviluppo di carburanti alternativi, essenziali per ridurre l’impatto ambientale del settore marittimo, dipendono dalla disponibilità di un servizio efficiente di fornitura e stoccaggio.
La leadership in questo ambito, già conquistata da diversi porti internazionali, rappresenta un’opportunità strategica per l’Italia, che non può permettersi di rimanere indietro.
Investire in nuove tecnologie e in infrastrutture dedicate alla gestione di carburanti alternativi significa non solo conformarsi alle normative internazionali, ma anche attrarre nuovi investimenti e creare posti di lavoro qualificati.
La sfida è dunque complessa e multidimensionale, richiedendo una visione integrata che coinvolga istituzioni, operatori privati e comunità locali.
Un piano strategico nazionale per la gestione del livello del mare deve prevedere non solo interventi di mitigazione e adattamento, ma anche un investimento continuo in ricerca e sviluppo, al fine di sviluppare soluzioni innovative e sostenibili per il futuro del settore portuale italiano.
La capacità di innovare e di anticipare le sfide future determinerà il ruolo dell’Italia nel panorama marittimo globale.