Davanti a Palazzo Tursi, a Genova, una mobilitazione portuale, promossa dal Calp (Coordinamento Autonomo Lavoratori Portuali) e sostenuta dal sindacato USB, ha espresso una veemente richiesta al Comune.
L’istanza è chiara: una presa di posizione formale e incisiva nel porre fine al transito di armamenti attraverso il porto di Genova, definendo le azioni militari israeliane a Gaza e in Palestina come potenziali crimini di guerra.
Un gruppo di manifestanti, avvolti nei colori della bandiera palestinese e ornati dai simboli del sindacato, attendeva un interlocutore dalla Giunta comunale.
L’azione non si limita a una protesta simbolica, ma è alimentata da informazioni concrete e preoccupazioni urgenti.
I portuali, grazie a una rete di collaborazione con i colleghi del porto del Pireo, hanno rilevato un flusso continuo di container diretti in Israele.
Questi contenitori, contrassegnati da specifiche indicazioni, trasportano acciaio e altri materiali essenziali per la produzione di armamenti, scavalcando il limite della cosiddetta “doppia valenza” – ovvero quella distinzione che permette di giustificare l’esportazione di beni ad uso civile che potrebbero essere impiegati anche per fini militari.
La portata del fenomeno è allarmante: centinaia di container destinati a Israele transitano settimanalmente attraverso Genova, con un impatto potenzialmente significativo nel sostenere lo sforzo bellico israeliano.
I manifestanti sottolineano che la situazione impone a Genova e al suo porto, in linea con l’esempio di altre città e regioni europee, di assumere una posizione netta e responsabile.
Questa posizione non deve limitarsi a condanne verbali, ma deve tradursi in azioni concrete per impedire il transito di armi e per contribuire alla pressione internazionale volta a porre fine al conflitto e a garantire il rispetto dei diritti umani in Palestina.
L’impegno del Comune di Genova, pertanto, diventa un atto di responsabilità collettiva, un segnale di solidarietà verso la popolazione palestinese e un contributo alla costruzione di un futuro più giusto e pacifico.