Il movimento dei lavoratori delle strutture socio-sanitarie in appalto, compresi educatori e operatori sanitari che affollano la piazza davanti alla Regione Liguria, esprime una disperata richiesta di attenzione e giustizia sociale. La loro protesta non è solo un atto di sfida alle condizioni lavorative sempre più precarie, ma anche un’urgenza morale verso il sistema politico ed economico che sembra aver perso ogni senso della responsabilità verso i propri cittadini.Tra le richieste degli operatori vi è la necessità di tornare a discutere l’internalizzazione dei servizi sanitari e socio-assistenziali, abbandonando la logica dell’appalto che sembra non produrre alcun beneficio pubblico, ma solo un aumento del potere economico privato. Il problema centrale è rappresentato dai stipendi spesso inferiori ai 1000 euro mensili dei lavoratori, segno evidente di una politica che preferisce l’abbassamento della qualità dei servizi a un costo contenuto.La risposta del Consiglio Regionale alla richiesta di ascolto e confronto è stata inaspettatamente negativa. Solo dopo le proteste e le richieste degli operatori il presidente Balleari ha deciso di sospendere i lavori per udire immediatamente gli stessi. La decisione del governatore Marco Bucci di non sospendere i lavori, definendolo un errore che comprometterebbe l’autorità dell’istituzione, è stata vissuta come una posizione rifiutiva e sorda alle pretese dei manifestanti.La disperazione della protesta degli operatori ha raggiunto il suo apice con la dichiarazione del governatore: “Non si può cedere mai alla violenza”. Una frase che esprime a chiare lettere una visione conservatrice e autoritaria, secondo cui l’istituzione pubblica è un bene sacro che non deve essere messo in discussione.La realtà però è più complessa. I lavoratori delle strutture socio-sanitarie sono i veri guardiani del bene comune e il loro ruolo è essenziale alla crescita e all’innovazione della società. Non sono i “violinisti”, ma le persone che fanno vivere la politica nella comunità, offrendo servizi fondamentali.Ecco quindi che questo sciopero non è solo un atto di lotta per migliori condizioni lavorative e salariali, ma anche una richiesta di rilancio della politica pubblica. Un richiamo a ripensare la logica dell’appalto in favore dell’internalizzazione dei servizi, con investimenti che migliorino la qualità del lavoro, garantendo un reddito decente ai lavoratori.La protesta degli operatori delle strutture socio-sanitarie è il riflesso di una società che chiede giustizia, partecipazione e investimento nelle persone. La risposta della politica deve essere dunque diversa da quella tradizionale: non solo un ritorno al passato, ma un progetto concreto per l’innovazione del servizio pubblico e la valorizzazione dei lavoratori che lo offrono.La protesta non è stata vanificata. La notizia della sospensione dei lavori del Consiglio per ascoltare i manifestanti ha acceso speranza tra gli operatori, anche se la questione è ancora aperta. La politica può solo vincere la sfida di questa emergenza se riuscirà a mettersi in ascolto delle richieste dei lavoratori e non semplicemente a rimandare il problema a dopo.In questo momento di tensione e di protesta, è necessario ricordare che anche l’istituzione pubblica deve essere capace di essere “violinata” dal popolo, ascoltando le sue esigenze ed elaborando soluzioni concrete alle problematiche presenti. Non si tratta solo di garantire il reddito minimo ai lavoratori, ma di investire in loro e nelle strutture che li sostengono per una società più giusta e inclusiva.La politica non può essere laico- autoritaria; deve diventare una scienza partecipata, capace di comprendere le necessità dei cittadini. È questo il futuro che i manifestanti chiedono con lo sciopero e la protesta oggi sotto la Regione Liguria. La domanda del presente è: se questa proposta sarà ascoltata?
Tensioni in Liguria, operai sanitari chiedono giustizia sociale e migliori condizioni lavorative
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