Il ritorno a Genova, a Villa Rostan, nel cuore del centro sportivo Signorini, segna per Daniele De Rossi non una semplice ripresa dell’attività di allenatore, ma un’immersione in una storia calcistica densa di significato.
Dopo l’esperienza alla Roma, l’ex centrocampista torna in una piazza che nutre un legame profondo con la sua generazione, trovando un’occasione che, come lui stesso ammette, non è stata facile da cogliere.
“Ho avuto contatti con altre realtà,” ha rivelato, “ma ho scelto il Genoa perché qui sento di poter esprimere al meglio il mio potenziale.
“Il Genoa, con il suo passato glorioso, con l’eco delle vittorie e la passione indomita dei suoi tifosi, rappresenta una sfida stimolante.
De Rossi ne è consapevole e lo dichiara con un senso di responsabilità che va oltre la semplice retorica.
Non si tratta di un incarico da svolgere meccanicamente, ma di un ruolo da onorare con rispetto e dedizione.
“Non regalo niente,” ha sottolineato, evidenziando la sua intenzione di costruire qualcosa di duraturo.
Il debutto, in panchina in stato di squalifica, contro la Fiorentina di Vanoli, è un preludio alla sfida più grande: interpretare e plasmare un Genoa che ha perso la sua identità, che fatica a esprimere il proprio potenziale.
La chiave, secondo De Rossi, risiede nell’adattamento, nell’abilità di conciliare le proprie idee con le caratteristiche dei giocatori a disposizione e con il patrimonio culturale della società.
“Bisogna essere consapevoli di dove si è,” afferma, “conoscere il DNA di una squadra che ne ha di quelli da vendere.
“L’analisi del tecnico non si limita al mero aspetto tecnico-tattico.
De Rossi intende fondersi con l’atmosfera del Ferraris, trasformando lo stadio da luogo di ansia a fortezza inespugnabile.
“Voglio che i giocatori non si stressino,” dichiara, “ma che sentano il peso del nostro pubblico sulla schiena degli avversari.
” Questo implica un cambiamento di mentalità, un ritorno alle radici di una tifoseria che ha sempre rappresentato un fattore determinante nelle vicende del club.
L’ambizione di De Rossi va oltre la semplice salvezza.
Vuole lasciare un’eredità, un segno tangibile del suo passaggio.
“Non voglio essere uno che timbra il cartellino e se ne va,” confessa, “vorrei essere amato da questa tifoseria tra qualche anno.
” Questo desiderio di affiliazione profonda, di condivisione emotiva, rivela una visione del calcio che trascende il mero risultato sportivo.
Si tratta di costruire un rapporto di fiducia, di creare un’identità condivisa che unisca giocatori, allenatore e tifosi.
Il ritorno a Genova, dunque, non è solo una ripresa di una carriera, ma l’inizio di un progetto ambizioso, un’occasione per riscrivere una storia calcistica ricca di passioni e di tradizioni, trasformando di nuovo il Ferraris in un vero inferno per gli avversari.







