Isa-Aii: “12mila casi ictus in meno entro 2030 e 90% pazienti in stroke unit”

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(Adnkronos) – Ogni anno 100mila persone in Italia vengono colpite da ictus, ma alle Stroke Unit, le unità dedicate al trattamento di questa patologia, arrivano solo il 50-70%, con conseguenze sulla sopravvivenza, sui tempi di intervento terapeutico e sulla compromissione della funzionalità. Sulla situazione – informa una nota – è necessario intervenire immediatamente, come messo in evidenza da Isa-Aii (Italian Stroke Association, Associazione italiana ictus) che dal 2024 lavora allo Stroke Action Plan for Italy (Sap-I), la versione italiana del riferimento europeo, lo Stroke Action Plan for Europe (Sap-E). Tra gli obiettivi da raggiungere entro il 2030 emergono la riduzione del 10% degli ictus, 12mila casi – da ottenere con attività di prevenzione mirate – e la possibilità di essere ricoverati nelle unità dedicate per almeno il 90% delle persone colpite da ictus.  "I numeri relativi sia all’incidenza dell’ictus che alle modalità di ricovero mostrano l’importanza di un intervento efficace che veda impegnati sia gli operatori sanitari che le Istituzioni – spiega Paola Santalucia, presidente Isa-Aii – Per questa ragione, in linea con il Piano europeo, stiamo lavorando alla versione italiana dello Stroke Action Plan, un piano nazionale per il raggiungimento", entro il 2030, "di importanti obiettivi relativi alla prevenzione primaria dell’ictus, alla gestione della fase acuta, alla cura, alla prevenzione secondaria e al follow up, alla riabilitazione e al monitoraggio degli esiti. L’obiettivo sulla prevenzione può essere raggiunto grazie ad attività di informazione ed educazione della popolazione sui fattori di rischio dell’ictus e sull’importanza degli stili di vita sani, la promozione di programmi educazionali e di screening per i quali collaboriamo strettamente con Alice, l’associazione dei pazienti colpiti da ictus, e la collaborazione con i tavoli istituzionali".  È poi "fondamentale intervenire sul dato della presa in carico nelle Stroke Unit – aggiunge – per cui sarà necessario un impegno congiunto tra operatori sanitari e Istituzioni: il Sap-I prevede la partecipazione dei coordinatori regionali Isa ai tavoli tecnici regionali, il supporto e la consulenza Isa ai sistemi di monitoraggio del percorso ictus a livello regionale e un’attenzione mirata sia alle performance della rete ictus che ai servizi pre-ospedalieri".  "Per il raggiungimento di questo obiettivo – chiarisce Santalucia – è essenziale lo sviluppo di Percorsi diagnostico terapeutici assistenziali (Pdta) regionali, che prevedano indicatori specifici e standardizzati. A supporto del piano italiano è altresì importante che venga riconosciuto, da parte del ministero della Salute, il Piano europeo, attraverso l’adesione del nostro Paese alla ‘Dichiarazione di Azioni’, com’è già avvenuto in altri 14 Paesi della Comunità europea: un impegno comune per garantire che entro il 2030 tutti i 53 Paesi europei possano condividere piani nazionali che abbiano una base comune. Stiamo lavorando alla versione italiana della Dichiarazione – che conterrà l’analisi della situazione attuale, gli obiettivi suddivisi per area e la strategia per raggiungerli – per poterla presentare a ottobre, in occasione del World Stroke Day e ottenere il riconoscimento del ministero". Osserva il past president Isa-Aii, Mauro Silvestrini: "L’impatto di questa patologia è forte anche dal punto di vista socio-economico. I pazienti che sopravvivono all’evento acuto possono presentare vari disturbi, dalle difficoltà di movimento e di linguaggio fino ai problemi di memoria e concentrazione. Si tratta di condizioni che richiedono ricoveri in strutture apposite o percorsi di riabilitazione anche molto lunghi, con spese sia per i pazienti e i familiari che per la collettività. La Stroke Alliance for Europe (Safe) ha stimato in 60 miliardi di euro l’impatto economico dell’ictus nell’Unione europea, con una previsione di aumento fino a 86 miliardi nel 2040". Tale situazione "rende indispensabile agire verso la prevenzione della patologia e la presa in carico immediata: trattandosi di una patologia tempo-dipendente, anche la riduzione di pochi minuti tra l’esordio dei sintomi, il loro riconoscimento e l’inizio del trattamento possono cambiare gli esiti e ridurre le disabilità post-ictus. Il Sap-I può rivelarsi lo strumento necessario per ottimizzare tutte le fasi della presa in carico del paziente – rimarca Silvestrini – e per ridurre l’impatto dell’ictus in termini anche quantitativi riducendone l’incidenza attraverso una corretta gestione dei fattori di rischio. A tale proposito, uno degli obiettivi che ci siamo prefissati di raggiungere entro il 2030 riguarda l’identificazione e il controllo periodico dell’80% dei pazienti ipertesi". Fra le conseguenze più impattanti dell’ictus, "ci sono quelle che coinvolgono le funzioni cognitive, come memoria, concentrazione, attenzione e calcolo, oltre al linguaggio. Queste si ritrovano almeno nel 50% dei pazienti dopo l’evento acuto – sottolinea Leonardo Pantoni, presidente eletto Isa-Aii – Si tratta di un numero molto alto di persone che necessitano di supporto e riabilitazione specifica, a cui però in pochi hanno accesso, sia a causa della scarsità di strutture che la offrano che di informazione da parte dei clinici sull’opportunità di intraprendere questi percorsi. Vi è grande disparità tra le Regioni nella distribuzione delle strutture, in particolar modo per quanto riguarda il recupero delle disabilità cognitive, meno visibili delle motorie ma altrettanto impattanti sulla qualità di vita del paziente. Con il Sap-I vogliamo intervenire anche sulla promozione di programmi riabilitativi che tengano conto delle necessità specifiche di ogni persona e che le accolgano in maniera omogenea in tutto il Paese".  Il Sap-I è stato realizzato con "un obiettivo ben chiaro, il benessere dei pazienti – conclude Andrea Vianello, presidente associazione Alice Italia Odv – Aprile è il mese che dedichiamo alla prevenzione di questa patologia: le nostre attività, iniziative e campagne di informazione hanno come obiettivo non solo quello di sensibilizzare la popolazione generale sui fattori di rischio, sull’importanza della prevenzione e del fattore tempo ma anche di far sentire le persone colpite da ictus parte di una comunità e, quindi, meno sole. Uno dei progetti che stiamo portando avanti è quello denominato 'Fast Heroes' che vede coinvolte le scuole primarie per insegnare ai bambini come riconoscere i sintomi dell’ictus in modo da poter chiamare i soccorsi e salvare nonni, zii e genitori. Il lavoro è molto, la strada per diminuire l’incidenza della malattia e le disabilità correlate è ancora lunga, ma siamo certi che, grazie all’impegno congiunto tra clinici, associazioni pazienti e Istituzioni si possano raggiungere i risultati ambiti". —salutewebinfo@adnkronos.com (Web Info)

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