La Casa degli Sguardi: la luce dei ricordi illumina un paesaggio emotivo, tra dolore e bellezza.

La luce dei ricordi si affaccia su un paesaggio emotivo, come in “La casa degli sguardi”, il romanzo di Daniele Mencarelli che ha ispirato la pellicola omonima diretta da Luca Zingaretti. Quest’ultimo esordio alla regia del trasformista non solo conferma le sue doti di attore ma rivela anche un talento raro per le scene d’amore e per la profondità emotiva.La storia ruota intorno a Marco, giovane figlio di un autista di tram che si ritrova ad affrontare il lutto della perdita della madre. Il dolore lo invade completamente, fino a sembrare ingabbiarlo in una condizione psicologica impossibile da uscire. È la sua reazione naturale alla scomparsa e al suo senso di abbandono, che si traduce nella dipendenza da sostanze per non sentire più niente.L’interpretazione del personaggio è affidata a Gianmarco Franchini: un giovane attore che ha già avuto l’opportunità di brillare in “Adagio” (di Stefano Sollima) e che si rivela essere un vero talento, capace di esprimere il profondo malessere del suo personaggio con la stessa comprensione e l’abilità professionale. La sua figura, peraltro, è sostenuta da una scenografia realistica, frutto della ricostruzione degli ambienti di lavoro fatta con cura da Zingaretti.La poesia, come forma d’espressione autentica e profonda, assume un ruolo centrale nella storia. Marco la pratica con passione, come esclusivo sfogo per il suo malessere, ma soprattutto per sentire ancora qualcosa in vita. La scelta della parola e della rima diventa il mezzo di cui si serve per non dimenticare che è ancora vivo e, forse, che ha ancora un senso.Alla base del film c’è l’idea che “il dolore, la sofferenza sono una condizione umana necessaria”, come precisa Zingaretti: condizione da vivere insieme agli altri. Questo messaggio è sottolineato dall’autore anche attraverso le sue altre opere letterarie, in cui l’educazione al dolore riveste un ruolo fondamentale. Si tratta di “un sentimento necessario” per apprezzare la vita e trovare la vera felicità.Inoltre è il padre a sottolineare che il mondo dei ragazzi d’oggi non ha più i suoi punti di riferimento. Il mal di vivere aumenta inesorabilmente, alimentato anche dall’avanzata della tecnologia. “Il cambiamento”, precisa Zingaretti, “è un male necessario ma può andare verso il bene o il male.”L’autore e regista insiste sul suo ruolo da padre amorevole, ricordandosi di essere un uomo legato alla natura e all’universo della classe lavoratrice. “Sono uno che fa sempre lo stesso percorso”, spiega, e questo vuol dire aiutare i propri figli a trovarsi la strada giusta da seguire.E infine il rapporto di Zingaretti con la poesia. C’è un filo rosso tra lui e Marco: “Sono sempre stato convinto che la bellezza salverà il mondo”. La sua è una prospettiva essenzialmente positiva, anche in tempi come questi segnati dalla crisi climatica e dal fenomeno migratorio.Marco Franchini conferma che il personaggio era complesso e non facile da interpretare. “La mia paura”, dice, “era solo di non dare abbastanza.” La sua esperienza è stata arricchita anche dall’interpretazione della poesia: ama Leopardi ma scrive a suo modo le cose che gli passano per la mente.”Il film”, conclude l’autore e regista, parla del dolore “in termini positivi” e sottolinea come esso sia condizione umana necessaria. È quindi un invito alla riflessione sulla vita e sulle sue contraddizioni: possiamo imparare a non soffrire ma solo se siamo disposti a vivere assieme, “come atto di amore più puro”.

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