La tragica storia di Moussa: il giovane migrante vittima di un sistema disumano

12 febbraio 2025 – 19:45

Moussa era un giovane che nutriva un profondo amore per l’Italia, la terra che lo aveva accolto e salvato dalle acque del Mediterraneo. Sognava solo di avere una vita dignitosa, di ottenere una carta d’identità che gli consentisse di costruirsi un futuro in questo Paese che aveva scelto come sua nuova patria. Purtroppo, il destino ha voluto diversamente: Moussa è stato vittima di un sistema disumano che non solo gli ha negato i documenti necessari, ma lo ha anche imprigionato in un centro dove i suoi diritti più fondamentali sono stati calpestati. La promessa fatta alla madre di portarla in Italia è rimasta irrealizzata, poiché lui non c’è più.Thierno Balde, ingegnere originario della Guinea e fratello maggiore di Moussa, racconta con dolore la tragica vicenda che ha portato alla morte prematura del giovane nel Centro di permanenza per i rimpatri di Torino nel 2021, all’età di soli 23 anni. Moussa era giunto in Italia quattro anni prima con il desiderio di studiare, trovare lavoro e condurre una vita dignitosa. Tuttavia, la sua permanenza nel nostro Paese si è trasformata in un incubo quando è stato brutalmente aggredito a Ventimiglia da tre individui e successivamente trasferito nel Cpr di Torino.Rinchiuso in isolamento nella sezione “ospedaletto” per presunta psoriasi, Moussa viveva segregato in una cella con inferriate chiuse a chiave dall’esterno. Il 23 maggio decideva tristemente di porre fine alla propria esistenza impiccandosi con un lenzuolo nella solitudine della sua prigione.Oggi a Torino ha inizio il processo contro la direttrice dell’ex ente gestore Gepsa, Annalisa Spataro, e l’ex responsabile medico della struttura Fulvio Pitanti. La famiglia di Moussa è rappresentata dagli avvocati Gianluca Vitale e Laura Martinelli mentre si costituiscono parte civile la garante dei detenuti Monica Gallo, l’associazione Frantz Fanon e l’Associazione studi giuridici sull’immigrazione.Thierno ricorda il fratello come una persona appassionata dell’Italia e desiderosa solo di costruirsi un futuro migliore qui. Il suo sogno è stato interrotto drammaticamente da quell’aggressione a Ventimiglia e dalla successiva prigionia nel Cpr torinese dove ha trovato la morte. La famiglia chiede giustizia per Moussa sperando che il processo possa fare piena luce su questa terribile tragedia umana.

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