La recente scomparsa di Leonardo Di Loreto, e il tragico caso di Adam Raine, sollevano interrogativi profondi e inquietanti che vanno ben oltre la semplice indagine sulle cause di un singolo evento.
Andreina Moretti, presidente de “Il Guscio”, evidenzia un aspetto cruciale: è errato e semplicistico attribuire la responsabilità di scelte esistenziali dolorose unicamente alla figura genitoriale.
Non si tratta di assolvere da ogni colpa, ma di comprendere la complessità delle dinamiche che plasmano la psiche fragile degli adolescenti, un’età segnata da una profonda ricerca di identità e spesso esposta a pressioni estreme.
La tragedia di Leonardo, trovato senza vita davanti a un computer con una maschera antigas, e quella di Adam, per la quale la famiglia ha avviato azioni legali contro OpenAI, sono manifestazioni acute di un disagio più ampio, un fenomeno sociale che si insinua nel tessuto della nostra società.
L’accusa rivolta a ChatGPT nel caso di Adam non è solo un problema di responsabilità algoritmica, ma un campanello d’allarme sulla capacità di intelligenze artificiali di influenzare, anche negativamente, la vulnerabilità emotiva dei giovani.
La società contemporanea, con la sua incessante esposizione a modelli di perfezione irraggiungibile attraverso i social media, crea un ambiente tossico che erode l’autostima e alimenta l’ansia.
Il “mondo parallelo” a cui fa riferimento Moretti, costantemente connesso e mediato, offre un rifugio illusorio, ma al contempo una fonte inesauribile di confronto e pressione.
L’identità si costruisce spesso su metriche esterne, come “like” e commenti, creando una dipendenza pericolosa e una profonda insoddisfazione.
La risposta emotiva collettiva, in questi momenti di crisi, è spesso incline a una semplificazione eccessiva e a una ricerca spasmodica di capri espiatori.
Si focalizza sulla famiglia, proiettando su di essa un fardello di colpe che difficilmente è in grado di sopportare.
Questa reazione, pur comprensibile, rischia di oscurare le vere cause del problema e di addossare un peso ingiusto a chi già sta vivendo un dolore insopportabile, amplificato dal giudizio pubblico.
È imperativo, pertanto, spostare l’attenzione dalla ricerca di colpevoli alla prevenzione.
Questo richiede un impegno sinergico da parte di tutti gli attori sociali: dallo Stato, che deve investire in programmi di supporto psicologico e di educazione digitale, alla politica, che deve promuovere leggi e regolamenti che tutelino i minori, dai dirigenti scolastici, che devono formare docenti in grado di riconoscere i segnali di disagio, agli educatori, che devono accompagnare i ragazzi nella costruzione di una solida identità, alle forze dell’ordine, che devono garantire un ambiente sicuro, e ai giornalisti, che devono esercitare un’informazione responsabile, evitando sensazionalismi e colpevolizzazioni.
Anche le istituzioni religiose possono svolgere un ruolo importante, offrendo un sostegno spirituale e morale.
La prevenzione non è solo un dovere, ma un investimento nel futuro.
È l’unica strada per offrire ai giovani una speranza concreta e per costruire una società più consapevole, resiliente e compassionevole.
Non possiamo continuare a reagire solo dopo la tragedia: dobbiamo agire ora, prima che sia troppo tardi.
Il futuro dei nostri ragazzi è nelle nostre mani.