Domenica Canna, psicologa aquilana di 52 anni, ha incarnato a San Francisco un paradigma di resilienza e audacia, completando la traversata di Alcatraz, una sfida che trascende la mera performance atletica per elevarsi a simbolo di superamento e rinascita.
La distanza, apparente, di pochi chilometri, si rivela un percorso interiore costellato di difficoltà estreme: corrente impetuosa, temperature glaciali e l’incombente suggestione della storia di Alcatraz, luogo di speranza e disperazione.
Il suo gesto, apparentemente sportivo, affonda le radici in un passato segnato da prove di vita gravose.
L’esperienza del terremoto all’Aquila, oltre alla devastazione fisica, ha rappresentato un momento di profonda incertezza, interrotto bruscamente dalla necessità di affrontare un tumore.
La cura, un percorso arduo costellato dall’eccellenza medica di Alberto Bafile e dall’autorevole guida di Umberto Veronesi, e sostenuta dall’associazione “L’Aquila per la Vita”, ha insegnato a Canna il valore della tempestività nella diagnosi e la forza della comunità.
A questa sfida si è poi aggiunta la comparsa di un aneurisma, un altro capitolo di un’esistenza costantemente in bilico tra la fragilità e la determinazione.
“Convivere con la paura non è facile,” confida Canna, ma la sua risposta è stata la ricerca di un equilibrio attraverso la coltivazione delle passioni.
Il nuoto, in particolare, si è rivelato un potente strumento di catarsi, un modo per ricomporre il senso di sé, riscoprendo la capacità di affrontare le avversità con coraggio e lucidità.
La traversata dello Stretto di Messina, una prima esperienza in acque libere, ha segnato l’inizio di un percorso di auto-scoperta, un banco di prova per la resistenza fisica e mentale.
Ma la sua sete di superamento non si è limitata al mare.
Nel 2023, ha raggiunto il Campo base dell’Everest, un gesto simbolico che trascende la mera conquista di un luogo fisico.
Portare con sé un cartello recante la scritta “Coppito (L’Aquila) c’è” è stato un atto di affetto e appartenenza, un modo per mantenere vivo il legame con le proprie radici, per testimoniare che la forza di una comunità risiede nella sua capacità di guardare avanti, di ricostruire, di reinventarsi.
La scalata alla Guglia di Cala Goloritzé, dedicata alla memoria dell’amico e guida Emilio Ciammetti, sottolinea ulteriormente la sua profonda umanità, la sua capacità di trasformare il dolore in slancio, di onorare i legami che ci uniscono.
Giunta a San Francisco, l’immagine di Frank Morris e dei fratelli Anglin, i carcerati che tentarono la fuga da Alcatraz, le è apparsa vivida, proiettando sulla sua impresa un significato ancora più profondo.
Un pensiero condiviso, una speranza che si perpetua: la possibilità di raggiungere la libertà, di superare i propri confini, di reinventare il proprio destino.
E, in un certo senso, di dimostrare che la resilienza umana può trionfare anche sulle acque più agitate.