L’inchiesta in corso sulla costa pescarese ha portato alla luce una complessa vicenda di bancarotta fraudolenta, che coinvolge cinque persone e ha determinato il sequestro di un rinomato stabilimento balneare.
L’attività investigativa, condotta dal Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria e coordinata dalla Procura della Repubblica, ha svelato una sofisticata strategia volta a sottrarre patrimonio alla società in stato di insolvenza, pregiudicando in modo significativo i diritti dei creditori e aggravando la crisi finanziaria dell’azienda.
Il fulcro dell’indagine ruota attorno a una serie di operazioni societarie apparentemente trasparenti, ma che, a un’analisi più approfondita, si sono rivelate elementi chiave di una vera e propria manovra depauperatoria.
In particolare, la concessione balneare e l’intero complesso aziendale, comprendente bar e ristorante, sono stati trasferiti, in due fasi distinte, a nuove entità giuridiche.
Il primo trasferimento è avvenuto senza alcun corrispettivo monetario, mentre il secondo, finalizzato a una società appositamente costituita, ha comportato una cessione a un prezzo drasticamente inferiore al valore di mercato, stimato in circa due milioni di euro.
Gli inquirenti ritengono che questa sequenza di cessioni, caratterizzata dall’utilizzo temporaneo di una società intermediaria, fosse mirata a occultare una distrazione patrimoniale, rendendo più difficile l’individuazione e il recupero dei beni aziendali.
La prosecuzione delle attività commerciali dello stabilimento balneare, sotto la gestione di una società con sede in Molise, ha ulteriormente complicato il quadro, alimentando un danno patrimoniale di notevole entità per la società fallita e pregiudicando le aspettative dei creditori.
L’analisi meticolosa delle registrazioni contabili e dei flussi finanziari ha messo a galla una serie di anomalie significative.
Movimentazioni di cassa anomale, prelievi non giustificati e lo storno di debiti hanno fornito elementi concreti a sostegno dell’ipotesi di una sistematica sottrazione di risorse.
Queste irregolarità, prive di una plausibile giustificazione documentale, hanno confermato i sospetti di atti lesivi nei confronti del patrimonio aziendale.
Il danno complessivo stimato per la società fallita, a seguito di queste attività, si aggira intorno ai due milioni di euro.
Sulla base delle prove raccolte, il Giudice per le Indagini Preliminari (GIP) del Tribunale di Pescara ha accolto le valutazioni della Procura, ravvisando nei confronti dei cinque indagati una grave situazione accusatoria, in relazione ai reati di bancarotta fraudolenta, sia nella forma classica che documentale, con responsabilità variabile a seconda del ruolo ricoperto all’interno della vicenda.
L’indagine è tuttora in corso e mira a chiarire tutti gli aspetti della complessa operazione e a quantificare con precisione le responsabilità di ciascun indagato, al fine di tutelare i diritti dei creditori e di perseguire i responsabili di questa grave violazione delle norme in materia di diritto societario e fallimentare.