Carcere Minorile L’Aquila: Sicurezza a Rischio e Personale Insufficiente

La questione del carcere minorile de L’Aquila, tornato operativo in risposta all’incremento nazionale della detenzione giovanile, è al centro di un’acuta riflessione istituzionale e sindacale.
Mentre la terza commissione consiliare comunale ne esamina lo stato di fatto, il sindacato Fsa Cnpp-Spp ha rilasciato un’analisi dettagliata che solleva preoccupazioni significative sulla sua adeguatezza e sicurezza.
L’istituto penale per minorenni, attualmente occupato da 13 ragazzi, si presenta come una struttura emergente da un processo di riattivazione affrettata, caratterizzato da una progressiva riduzione del personale e da scelte organizzative che ne compromettono l’efficacia.
La cronologia delle modifiche al personale è emblematica: un piano iniziale di 51 poliziotti penitenziari è stato gradualmente ridotto a 21 unità attuali, una disparità allarmante che incide pesantemente sulla capacità di garantire un ambiente sicuro e stimolante per i detenuti e un adeguato supporto al personale.
L’analisi del sindacato, condotta dal segretario nazionale Mauro Nardella, non si limita a denunciare la carenza numerica, ma ne evidenzia le conseguenze: un’organizzazione del lavoro definita “provvisoria”, un assetto complessivo eccessivamente dispersivo e una sensazione di incompiutezza, con un “cantiere aperto” che contrasta con l’arrivo continuo di nuovi ospiti.

Questa frammentazione operativa amplifica le difficoltà di gestione e compromette la possibilità di implementare programmi di trattamento e riabilitazione mirati.

Il Fsa Cnpp-Spp sottolinea con particolare enfasi la mancanza di un adeguato spazio dedicato all’attività sportiva, un elemento cruciale per la crescita psicofisica dei minori detenuti e per la promozione di dinamiche sociali positive.
Questa carenza, unita al sottorganico di Polizia Penitenziaria, esaspera le tensioni e aumenta il rischio di comportamenti problematici, minando l’efficacia del percorso trattamentale.
La situazione de L’Aquila, pertanto, non è un caso isolato, ma un campanello d’allarme che riflette una problematica più ampia: la difficoltà di adeguare le strutture e i servizi del sistema penitenale minorile alle esigenze emergenti, con conseguenze potenzialmente devastanti per il futuro di questi ragazzi e per la sicurezza della collettività.

È urgente un cambio di paradigma che metta al centro il benessere psicologico e la riabilitazione dei detenuti, garantendo al contempo la sicurezza di tutti gli operatori coinvolti, attraverso un investimento significativo in personale qualificato, infrastrutture adeguate e programmi di trattamento innovativi e personalizzati.

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