lunedì 8 Settembre 2025
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Cuccioli sotto lenti: etica e rispetto nella fotografia selvatica.

L’istantanea rubata, il fotogramma clandestino: la fotografia a distanza, per quanto apparentemente innocua, solleva interrogativi etici complessi, soprattutto quando il soggetto è un cucciolo.
L’atto stesso di catturare un’immagine, anche da lontano, può alterare l’ambiente naturale e perturbare lo sviluppo di un essere vulnerabile come un cucciolo.
La sensazione di essere osservati, anche se in maniera discreta, può generare stress e ansia negli animali selvatici, innescando comportamenti di fuga o, al contrario, di iper-vigilanza che interferiscono con l’apprendimento e l’acquisizione di competenze vitali.
Un cucciolo, ancora più che un adulto, è dipendente dal contesto familiare e dall’ambiente circostante per la sua sicurezza e il suo sviluppo.
La presenza di un osservatore, anche non invadente, può interrompere questo delicato equilibrio.
La fotografia a distanza, spesso giustificata dalla volontà di documentare la fauna selvatica e di sensibilizzare il pubblico sulla conservazione, rischia paradossalmente di compromettere la sua stessa tutela se non condotta con la massima consapevolezza e rispetto.

L’obiettivo non dovrebbe essere solo quello di ottenere un’immagine spettacolare, ma di farlo senza arrecare alcun danno al soggetto ritratto.

Consideriamo, ad esempio, un cucciolo di lupo, separato dalla madre durante una breve ricerca di cibo.

La sua vulnerabilità è esponenziale.

Un fotografo, anche con l’intenzione migliore, potrebbe involontariamente spaventare la madre, impedendole di tornare e mettendo a repentaglio la sopravvivenza del cucciolo.

La mera presenza, l’utilizzo di flash o la vicinanza al nido possono avere conseguenze devastanti.
La questione si complica ulteriormente con l’avvento di tecnologie sempre più sofisticate, come droni e teleobiettivi di ultima generazione.
Questi strumenti permettono di avvicinarsi agli animali in maniera sempre più discreta, ma amplificano anche il rischio di disturbare il loro comportamento naturale.

La distanza fisica, per quanto possa apparire rassicurante, non garantisce l’assenza di impatto.
È fondamentale, quindi, promuovere una cultura della fotografia responsabile, basata sull’osservazione etica e sul rispetto degli animali.
Ciò implica una profonda riflessione sui propri comportamenti, una costante valutazione dei possibili impatti e, in caso di dubbio, una rinuncia alla ripresa.
La bellezza di un cucciolo selvatico non risiede solo nell’immagine catturata, ma soprattutto nella sua libertà e nel suo benessere.

È un bene prezioso che va preservato, non sfruttato.

La fotografia, al servizio della conservazione, deve essere uno strumento di conoscenza e di rispetto, non di disturbo e di sfruttamento.

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