La realizzazione di un nuovo impianto di trattamento rifiuti a Sulmona (L’Aquila), proposto dalla società Get Energy e destinato all’elaborazione di oltre 47.000 tonnellate di rifiuti annuali, solleva crescenti preoccupazioni e genera un acceso confronto tra istituzioni, azienda e comunità locale.
La Regione Abruzzo, in particolare, ha formalmente richiesto a Get Energy chiarimenti dettagliati in merito alla gestione documentale relativa al progetto, evidenziando come una quota significativa dei dati tecnici sia stata deliberatamente resa inaccessibile al pubblico.
Questa opacità, secondo le autorità regionali, compromette la trasparenza del processo decisionale e ostacola la piena comprensione dell’impatto ambientale e sanitario dell’iniziativa.
Le contestazioni regionali si concentrano sulla necessità di una revisione puntuale delle omissioni, con l’obiettivo di rendere disponibili almeno le informazioni non classificate come riservate.
La Regione sottolinea che un’occultamento totale della documentazione è inaccettabile e che la valutazione di ammissibilità del progetto dipenderà interamente dalla completezza e dalla veridicità delle informazioni fornite.
Il dissenso al progetto non si limita all’ambito istituzionale.
Un’ampia fetta della popolazione si è mobilitata, manifestando una crescente opposizione.
Un recente incontro pubblico, promosso dalle associazioni locali, ha visto la partecipazione di oltre 150 persone, con molti costretti a rimanere fuori a causa della forte affluenza, a testimonianza del profondo malcontento diffuso.
Durante l’assemblea, sono state segnalate incongruenze rilevanti nei documenti presentati da Get Energy, alimentando ulteriormente i dubbi sulla correttezza e sulla completezza delle informazioni fornite.
Un esempio emblematico riguarda le discrepanze relative al flusso del camino E3, cruciale per la gestione dei gas derivati dalla lavorazione dei rifiuti.
Documenti ufficiali presentati dall’azienda riportano valori di portata notevolmente differenti, variando da 1.500 a 6.000 mc/h in un caso e raggiungendo addirittura i 12.000 mc/h in un altro, con conseguenze dirette e potenzialmente gravi sull’aumento delle emissioni di sostanze inquinanti.
Le preoccupazioni sono amplificate dalla qualificazione ufficiale dell’impianto come inceneritore, con proiezioni che stimano l’emissione annuale di tonnellate di ossidi di azoto, ossidi di zolfo, polveri sottili e altre sostanze nocive attraverso sei camini.
La collocazione dell’impianto in una valle chiusa, già gravata da un’elevata concentrazione di attività produttive e relative emissioni, aggrava ulteriormente il rischio di impatti negativi sulla qualità dell’aria e sulla salute pubblica.
La combinazione di opacità documentale, incongruenze tecniche e la potenziale gravità delle emissioni ha portato le associazioni civiche a sollecitare con urgenza la sospensione del progetto, invocando una valutazione più approfondita e trasparente, che tenga conto delle preoccupazioni espresse dalla comunità e dell’impatto ambientale e sanitario a lungo termine.
Il dibattito aperto a Sulmona rappresenta un caso emblematico della necessità di bilanciare la gestione dei rifiuti con la tutela della salute pubblica e la salvaguardia dell’ambiente.