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Marcinelle: La Ferita Aperta, Una Ricerca Senza Fine

La ferita di Marcinelle, aperta nell’agosto del 1956, continua a pulsare nel cuore di San Giuliano di Puglia e in tutta la comunità molisana.
Michele Cicora, figlio di Francesco, minatore strappato alla vita a soli 48 anni in quel catastrofico crollo della miniera Bois du Cazier, incarna la tenace speranza e il doloroso smarrimento di una generazione.

L’idea di riposare il padre accanto alla madre, nel cimitero di San Giuliano, un desiderio semplice ma gravido di significato, si è scontrata contro la cruda realtà: Francesco non figura tra i quattordici nomi ancora sconosciuti tra le vittime.

La tragedia di Marcinelle, che inghiottì 262 vite, lasciando un vuoto incolmabile in famiglie e comunità, vide coinvolti 132 minatori italiani, un numero tragicamente elevato, con 60 provenienti dall’Abruzzo e sette dal Molise.

Quel giorno, una frana di carbone e roccia distrusse l’inferno sotterraneo, cancellando sogni e prospettive.

Michele, all’epoca solo un bambino di quattro anni, ebbe modo di vedere il padre appena due volte: alla nascita e in un breve ritorno a casa, poco prima della partenza del fratello maggiore per il Venezuela.
La ricerca di Francesco, animata da una forza interiore quasi inestinguibile, è una battaglia costellata di ostacoli e frustrazioni, un percorso che ha visto il sostegno imprescindibile della direzione del museo di Bois du Cazier, custode della memoria di quegli uomini.
Il suono della campana di Agnone, dono dei Maestri del lavoro, risuona come un monito, un richiamo alla dignità e alla resilienza.
La cerimonia a San Giuliano, a cui Michele ha partecipato quest’anno, segna un momento di riflessione e di condivisione del dolore.

La presenza del sindaco, Antonello Nardelli, e del parroco testimonia l’importanza di perpetuare la memoria di coloro che hanno perso la vita in cerca di un futuro migliore.
La ricerca, condotta inizialmente con risorse proprie, ha portato all’identificazione di sei dei quattordici minatori ancora privi di nome, tra cui un ex prigioniero tedesco che scelse di rimanere in Belgio dopo la Seconda Guerra Mondiale.

La scoperta di non trovare il padre tra le vittime identificabili ha generato in Michele un profondo senso di disorientamento e amarezza.
Quest’anno, per la prima volta, ha scelto di partecipare alla commemorazione in patria, rinunciando al tradizionale pellegrinaggio a Bois du Cazier.

La sua storia è emblematica di una ferita generazionale, un monito alla necessità di onorare la memoria di coloro che hanno sacrificato la propria vita per garantire un futuro alle loro famiglie, e un impegno a non dimenticare le lezioni tragiche che la storia ci ha lasciato.

Il dolore, la speranza, e la ricerca di un nome, di un volto, di un ricordo, continuano a guidare i passi di Michele Cicora, custode di una memoria che non può essere cancellata.

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