A Moscufo, un piccolo borgo incastonato nell’entroterra pescarese, una presenza silenziosa e controversa si erge da oltre ottant’anni: un’effigie di Benito Mussolini, sopravvissuta al regime che l’ha generata e testimone muta del mutare dei tempi.
Recentemente, dopo un restauro che aveva rimosso uno strato di vernice nera che ne offuscava i tratti, l’immagine è tornata a spiccare su un muro di un palazzo, accompagnata dalla lapida “Noi tireremo diritto”, eco di una fiducia cieca e ormai disfacentesi.
L’episodio che ha riportato l’attenzione su questa eredità storica è stato un atto di pittura, un gesto simbolico compiuto dal professor Andrea D’Emilio, docente di Storia e Filosofia.
Con una semplice scritta rossa, “Moscufo è antifascista”, D’Emilio ha aggiunto una nuova voce al dialogo silenzioso che si dipanava attorno all’immagine, reclamando un’identità comunitaria diversa e consapevole.
La reazione non è tardata ad arrivare.
Il presidente del Consiglio Regionale dell’Abruzzo, Lorenzo Sospiri, ha definito l’atto come “deprecabile vandalismo”, condannandolo sui suoi canali social.
Questa presa di posizione ha scatenato un’ondata di commenti, alcuni dei quali, come evidenziato dal coordinatore dell’ANPI di Pescara, Nicola Palombaro, sfociavano in proposte di violenza nei confronti del professore.
L’episodio ha inoltre generato una escalation di intimidazioni nei confronti di D’Emilio e di una giornalista di Rete8, mentre stavano realizzando un’intervista, dimostrando una tensione palpabile all’interno della comunità.
La vicenda trascende una semplice disputa estetica o un gesto vandalico; essa si configura come un sintomo di una profonda frattura nella società, un conflitto tra la memoria del passato e la necessità di una rilettura critica.
L’ostentazione di un’immagine che evoca un regime totalitario, anche se immobile e silenziosa, può essere interpretata come una forma di acquiescenza, una rinuncia alla responsabilità di confrontarsi con le ferite del passato.
La reazione di D’Emilio, pur controversa, si configura come un tentativo di riappropriazione simbolica dello spazio pubblico, un atto di resistenza civile volto a rivendicare valori di libertà e democrazia.
Il sindaco di Moscufo, Pietro Di Pietro, ha espresso chiaramente la sua posizione, ribadendo l’impegno del comune a non lasciare che l’immagine di Mussolini definisca l’identità del borgo.
In segno di solidarietà, il professore D’Emilio ha annunciato una manifestazione per il 23 agosto, durante la quale sarà consegnata al sindaco una targa in pietra con la scritta “Moscufo è antifascista”, un gesto simbolico che incarna la volontà di trasformare un’eredità problematica in un’occasione di crescita civile.
D’Emilio, a sue spese, si assume la responsabilità dell’atto e sottolinea la sua speranza che l’accettazione della targa possa preludere alla rimozione dell’immagine controversa, un gesto che segnerebbe una svolta significativa per la comunità di Moscufo.
L’intera vicenda, quindi, si configura come un’opportunità per il borgo di confrontarsi con il proprio passato e di costruire un futuro improntato a valori di inclusione, libertà e memoria condivisa.