La vicenda che ha scosso la comunità di Palmoli (Chieti) e Gissi, culminata nella sentenza della Corte d’Assise di Lanciano, getta una luce inquietante sulla fragilità dell’esistenza e sulla disperazione che può spingere un uomo a compiere un atto irreparabile. Flavio Meo, 61 anni, è stato condannato a 22 anni di reclusione per l’omicidio aggravato da rapina di Carolina D’Addario, una sarta ottantacinque, uccisa brutalmente nella sua abitazione il 23 dicembre 2023. La richiesta del pubblico ministero, Vincenzo Chirico, si attestava a trent’anni, un’indicazione che testimonia la gravità del crimine, benché la famiglia della vittima avesse invocato l’ergastolo, espressione del dolore e della richiesta di giustizia più radicale.L’omicidio, inizialmente avvolto nel sospetto di una morte naturale, si è rivelato un atto premeditato, frutto di una ricerca disperata di denaro. Meo, gravato da difficoltà economiche e apparentemente privo di prospettive, si è presentato a casa della D’Addario armato di un coltello dalle dimensioni intimidatorie – un’arma lunga ben 22 centimetri – con l’intento, almeno in un primo momento, di esercitare una forma di coercizione, un tentativo maldestro di estorsione. Tuttavia, la dinamica si è tragicamente alterata, sfociando in una violenza inaudita quando la vittima, con un atto di coraggio inaspettato, tentò di reagire all’aggressione. La colluttazione si concluse con una coltellata fatale che colpì il polmone sinistro della donna, causando la sua morte.L’azione criminale non si limitò all’atto violento, ma proseguì con una rapina efferata. Meo si impossessò di un bottino considerevole, che comprendeva oltre 20.000 euro in contanti e diversi oggetti di valore, testimonianza del suo intento di profitto e dell’assenza di qualsiasi scrupolo. Il ritrovamento del denaro e degli oggetti rubati, abilmente nascosti in un’intercapedine all’interno della sua abitazione, ha fornito una prova inconfutabile del suo coinvolgimento nel crimine. L’arma del delitto, gettata in un dirupo nel tentativo di occultarla, è stata recuperata, completando il quadro delle prove a carico dell’imputato.La prontezza d’azione dei familiari di Carolina D’Addario ha giocato un ruolo cruciale nell’avvio delle indagini. La loro diffidenza, scaturita dall’osservazione di incongruenze – la ferita evidente e la scomparsa di preziosi gioielli che la vittima indossava abitualmente – ha portato alla denuncia alle autorità. L’analisi di un video proveniente da una telecamera di sorveglianza nei pressi dell’abitazione della D’Addario ha permesso agli investigatori di identificare rapidamente l’assassino e di portarlo a giudizio.La vicenda solleva interrogativi profondi sulla marginalizzazione sociale, sulla disperazione economica e sulla possibilità di riabilitazione per individui che, come Flavio Meo, sembrano aver perso il contatto con i valori fondamentali della convivenza civile. L’omicidio di Carolina D’Addario non è solo un crimine da punire, ma anche un campanello d’allarme che invita la società a riflettere sulle cause che possono portare un uomo a compiere un atto così efferato e a cercare soluzioni per prevenire simili tragedie. La sentenza, pur non potendo restituire la vita a Carolina D’Addario, rappresenta un tentativo di ristabilire un equilibrio e di garantire che la giustizia sia fatta.
Omicidio a Palmoli: 22 anni per Flavio Meo
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