La recente sentenza della Corte d’Appello dell’Aquila, Sezione Lavoro e Previdenza, rappresenta un importante tassello nella tutela del diritto del lavoro e un severo monito contro l’uso distorto delle forme contrattuali flessibili. Confermata, con rigore logico-giuridico, la pronuncia di primo grado, la Corte ha accolto le ragioni di due lavoratrici, assistite dalla Fai Cisl e dall’ufficio vertenze della Cisl di Teramo, riconoscendo l’illegittimità della prassi adottata da Richetti Srl.Il fulcro della controversia risiede nell’utilizzo prolungato e reiterato di contratti di somministrazione a tempo determinato, un meccanismo che, pur legittimo in sé, si è trasformato in uno strumento di elusione delle tutele previste dal diritto del lavoro. Le dipendenti, impiegate per anni in questa condizione precaria, avevano precedentemente ottenuto dal Tribunale del Lavoro il riconoscimento del rapporto di lavoro a tempo indeterminato, con conseguente reintegrazione nel posto di lavoro e un adeguato risarcimento economico. La sentenza d’appello non solo avvalida questa decisione, ma ne rafforza il fondamento giuridico.L’avvocata Rosa Matassa, difensore delle lavoratrici, ha sapientemente argomentato come l’applicazione estensiva dei contratti a termine, ben oltre i limiti temporali e le condizioni previste dalla normativa vigente e dagli accordi di prossimità – in particolare, l’accordo che fissava al 30 giugno 2020 il termine ultimo – abbia configurato una situazione di abuso contrattuale. La dilatazione temporale dell’utilizzo della somministrazione, svincolata da esigenze organizzative reali e urgenti, ha di fatto impedito la progressiva stabilizzazione del rapporto di lavoro, creando una condizione di precarietà cronica e ingiustificata.Alessandro Collevecchio, della Fai Cisl, ha sottolineato che le proposte di stabilizzazione avanzate all’azienda, nel corso del procedimento, risultavano pienamente conformi alla legge e concretamente attuabili. Queste iniziative miravano a promuovere un’occupazione stabile e regolare, in linea con le intese di settore, dimostrando la possibilità di superare la condizione di precarietà attraverso percorsi di regolarizzazione del rapporto di lavoro. La mancata implementazione di tali percorsi da parte dell’azienda ha ulteriormente aggravato la situazione delle lavoratrici, contribuendo a giustificare la decisione della Corte d’Appello.La Cisl di Teramo esprime profonda soddisfazione per la sentenza, interpretandola come un importante precedente giuridico a tutela dei diritti dei lavoratori. La pronuncia evidenzia come l’istituto della somministrazione, pur essendo uno strumento legittimo di flessibilità, debba essere utilizzato con responsabilità e nel rispetto dei limiti imposti dalla legge. L’abuso di questa forma contrattuale, volto a perpetrare condizioni di precarietà protratte nel tempo, non può essere tollerato e trova una risposta netta nella decisione della Corte d’Appello. La sentenza si configura come un monito per il mondo imprenditoriale, ricordando che la flessibilità contrattuale non deve andare a scapito della dignità e della tutela dei lavoratori.
Somministrazione: Corte d’Appello tutela lavoratrici, stop all’abuso.
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