Trasferimento a L’Aquila: nuove accuse contro la struttura minorile

Il trasferimento del quattordicenne, figura centrale nell’inquietante vicenda di abusi e diffusione di materiale video pregiudizievole ai danni di una minorenne di Sulmona, dalla struttura penale minorile di Casal del Marmo, Roma, alla comunità di pena dell’Aquila, segna un capitolo delicato e denso di implicazioni nel complesso iter giudiziario.
La decisione, maturata dopo un percorso travagliato costellato di tre richieste formali, culmina in seguito alla denuncia presentata dal padre del ragazzo, che ha sollevato pesanti accuse di lesioni personali, minacce, omissione di atti d’ufficio e, in una prospettiva allarmante, torture.

Il quattordicenne, il più giovane del trio di indagati (completato da due coetanei di 17 e 18 anni), si trovava in custodia cautelare a Casal del Marmo dal 24 ottobre, in seguito all’arresto congiunto dei tre ragazzi a seguito della denuncia della vittima e del sequestro dei loro dispositivi digitali.

La vicenda pone interrogativi profondi sul sistema di giustizia minorile e sulla sua capacità di tutelare la sicurezza e la dignità dei soggetti coinvolti, sia vittime che presunti responsabili.
Le dinamiche interne alla struttura di Casal del Marmo emergono con particolare gravità dalle testimonianze filtrate al padre e all’avvocato del quattordicenne e del suo coetaneo sedicenne.

Entrambi i ragazzi, confinati in un ambiente potenzialmente ostile, avrebbero subito reiterate aggressioni e furti, con un’escalation della violenza che si sarebbe manifestata in maniera più marcata nel corso dei giorni precedenti al trasferimento.
Le lesioni riportate – traumi al petto, braccia e volto per il più piccolo, un colpo allo zigomo per il sedicenne – rappresentano un sintomo allarmante di un contesto di degrado e di potenziale insicurezza.
La denuncia presentata dal padre del quattordicenne, unitamente alla terza istanza di trasferimento, ha ottenuto un primo risultato positivo, come sottolinea l’avvocato Alessandro Margiotta.
Il contatto con l’educatrice dell’Aquila ha fornito un primo riscontro rassicurante sullo stato di salute del ragazzo, preludio a un incontro in programma.
La comunità di pena dell’Aquila, con le sue risorse e la sua specifica impostazione pedagogica, si propone di offrire un ambiente più protettivo e riabilitativo rispetto alla struttura romana.
Tuttavia, la situazione del sedicenne rimane di forte preoccupazione.

Nonostante le istanze presentate, il trasferimento non è stato disposto e la denuncia per lesioni, redatta dall’avvocato Raffaella D’Amario, è stata trasmessa al tutore per la firma e il deposito.
Il ragazzo, ancora profondamente scosso e permeato dalla paura, necessita di un supporto psicologico e di una tutela adeguate.

La permanenza in un ambiente percepito come insicuro rischia di compromettere ulteriormente il suo benessere emotivo e psicologico.

Il diciottenne, invece, è detenuto nel carcere di Chieti.
L’intera vicenda solleva questioni cruciali sulla responsabilità del sistema giudiziario, sull’efficacia delle misure di sicurezza all’interno delle strutture minorili, e sulla necessità di garantire la protezione non solo della vittima, ma anche di quei minori che si trovano, ingiustamente o meno, a essere coinvolti in dinamiche di violenza e di illegalità.

L’attenzione resta alta, e l’evoluzione della situazione sarà monitorata con particolare riguardo, con la speranza di un percorso che possa portare a una reale giustizia e a una ricostruzione del tessuto umano ferito.

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