Un episodio di violenza inaudita ha scosso la comunità del carcere di Pescara, ponendo nuovamente l’attenzione sulla fragile condizione di sicurezza e sulle criticità strutturali che affliggono il sistema penitenziario italiano.
Due agenti della polizia penitenziaria, un uomo e una donna, sono stati vittime di un’aggressione da parte di un detenuto all’interno della sezione psichiatrica, un reparto già di per sé gravido di complessità e vulnerabilità.
I due operatori hanno subito traumi che, seppur giudicati guaribili in un lasso di tempo di sette giorni, testimoniano l’escalation di violenza che sta investendo gli istituti penali.
L’incidente, prontamente denunciato dal sindacato Sappe, non è un evento isolato, ma si colloca all’interno di una spirale di emergenze che stanno logorando il personale penitenziario.
Giovanni Scarciolla, segretario provinciale del Sappe, ha espresso con fermezza la gravità della situazione, sottolineando come questo episodio si aggiunga a una serie di eventi critici che rendono sempre più arduo e pericoloso il lavoro degli agenti.
Il carico di lavoro, già eccessivo, è ulteriormente amplificato da una carenza organica cronica, una problematica strutturale che il sindacato ha ripetutamente segnalato alla direzione dell’istituto attraverso comunicazioni formali.
La casa circondariale di Pescara è attualmente sovraffollata, superando la soglia dei 400 detenuti, nonostante la recente chiusura di un intero reparto a seguito di una grave rivolta nel febbraio 2025, che aveva comportato il trasferimento di quasi 60 detenuti per garantire l’ordine e la sicurezza.
Questa gestione emergenziale, volta a contenere la situazione, non risolve le cause profonde del disagio e del malessere all’interno dell’istituto.
Particolare attenzione merita la sezione Atsm (Assistenza Tecnico Sanitaria), che versa in uno stato di profonda trascuratezza a causa della carenza di personale sanitario specializzato, un fattore critico che compromette l’assistenza ai detenuti con problematiche psichiatriche, esacerbando ulteriormente la tensione ambientale e aumentando il rischio di eventi violenti.
La mancanza di personale qualificato, infatti, non solo impedisce un adeguato trattamento terapeutico, ma crea un clima di frustrazione e insicurezza sia per i detenuti che per il personale penitenziario.
L’episodio di Pescara è un campanello d’allarme che impone un intervento urgente e mirato.
Il sindacato Sappe chiede non solo provvedimenti immediati per garantire la sicurezza degli agenti e migliorare le condizioni di lavoro, ma anche una revisione complessiva del modello penitenziario italiano, che deve prevedere un aumento del personale, una migliore distribuzione delle risorse, un potenziamento delle strutture sanitarie e una maggiore attenzione alla riabilitazione e al reinserimento sociale dei detenuti.
La sicurezza del personale penitenziario è imprescindibile per garantire la legalità e la tutela dei diritti fondamentali di tutti.
L’istituzione di programmi di supporto psicologico per gli agenti, a seguito di eventi traumatici come questo, dovrebbe diventare una priorità assoluta.