Revisione normativa UE: futuro a rischio per l’auto italiana e il Molise

La recente revisione della normativa europea riguardante le emissioni zero per i veicoli, che sospende il divieto di vendita di motori a combustione interna previsto per il 2035, solleva interrogativi cruciali per il futuro dell’industria automobilistica italiana, e in particolare per il tessuto produttivo e occupazionale del Molise.
La decisione, pur avendo risvolti complessi e potenzialmente ambivalenti, rimuove una copertura retorica che, in passato, è stata usata per eludere l’urgente necessità di investimenti strategici nel settore.
Alfredo Fegatelli, della Fiom-Cgil Molise, sottolinea come questa nuova apertura normativa non debba essere interpretata come un’occasione per procrastinare, bensì come un incentivo a un’azione decisa e mirata.
Il gruppo Stellantis, in particolare, non può più invochare l’incertezza normativa per giustificare una carenza di investimenti che minaccia la competitività e la sopravvivenza delle sedi produttive italiane.

Il futuro dello stabilimento di Termoli, in questo contesto, assume un’importanza strategica.

È imperativo un piano di sviluppo organico, che vada oltre la mera gestione della produzione esistente.
L’introduzione di nuove linee produttive, focalizzate su propulsori innovativi – che possano conciliare le esigenze di transizione ecologica con la sostenibilità industriale – rappresenta una priorità assoluta.
Questo non significa necessariamente un ritorno ai motori tradizionali, ma piuttosto una ricerca di soluzioni ibride, a idrogeno o a combustibili alternativi, che sfruttino al meglio le competenze e le infrastrutture esistenti.
Parallelamente, la possibilità di riavviare il progetto della Gigafactory per la produzione di batterie, precedentemente accantonato, riemerge con forza.
L’impegno finanziario europeo, che destina oltre un miliardo di euro per questo tipo di infrastrutture, costituisce un’opportunità irrinunciabile.

La presenza di una Gigafactory in Italia non solo garantirebbe l’indipendenza strategica del Paese nella catena di fornitura delle batterie, cruciale per la mobilità elettrica, ma genererebbe anche un indotto significativo in termini di occupazione e sviluppo tecnologico.

La revisione della normativa europea, pertanto, non è un arretramento, ma un punto di svolta.
Richiede una visione lungimirante e un piano industriale ambizioso, capace di coniugare la transizione verso una mobilità sostenibile con la tutela del patrimonio industriale e l’occupazione di qualità, evitando una fuga di competenze e una perdita di competitività che danneggerebbero irrimediabilmente l’economia italiana.

È necessario un dialogo costruttivo tra governo, sindacati e imprese per definire un percorso chiaro e condiviso, che metta al centro la competitività, l’innovazione e la creazione di valore per il Paese.

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