La strumentalizzazione di vicende complesse per fini politici non fa che esacerbare tensioni sociali preesistenti, come dimostra l’equivoco interpretazione di quanto accaduto alla “famiglia nel bosco” da parte di alcune figure istituzionali.
Santino Spinelli, autorevole rappresentante della comunità rom e figura di spicco nell’Unione Internazionale Rom (Iru), ha espresso con chiarezza come la narrazione offerta non renda giustizia alla realtà dei fatti, confondendo il dissenso popolare, un segnale di profonda inquietudine sociale, con un’approvazione incondizionata.
La vicenda, pur nella sua specificità, si inserisce in un quadro più ampio di profonda e strutturale marginalizzazione che affligge la popolazione rom e sinti in Italia.
Non si tratta di un problema nuovo, ma di una condizione perpetuata da decenni di politiche inefficaci, alimentata da pregiudizi radicati e spesso veicolati da discorsi populisti.
La disparità di trattamento tra la gestione dell’accoglienza dei rifugiati ucraini, accolti con dignità e risorse adeguate, e la situazione di estrema precarietà in cui versano le comunità rom, è una palese manifestazione di doppi standard che denunciano una profonda disuguaglianza giuridica e sociale.
La discriminazione nei confronti dei rom e dei sinti, sia italiani che stranieri, ha raggiunto livelli allarmanti, con conseguenze tangibili sulla loro qualità di vita e sulla loro integrazione nella società.
Questa discriminazione è spesso alimentata da disinformazione e da una deliberata manipolazione della verità, volte a creare un’immagine distorta e stereotipata della comunità rom.
È imperativo che la classe politica si assuma la piena responsabilità delle proprie dichiarazioni, comprendendo che un linguaggio infiammato e generalizzante può avere conseguenze devastanti sulla vita delle persone.
Le istituzioni democratiche hanno il dovere di ristabilire un clima di rispetto reciproco, garantendo la legalità e perseguendo con fermezza ogni forma di violenza e discriminazione nei confronti delle minoranze etniche.
La creazione e il mantenimento dei campi nomadi, luoghi di segregazione e di assistenzialismo clientelare, non sono il desiderio della comunità rom, ma l’effetto di scelte politiche errate.
È fondamentale riconoscere che la stragrande maggioranza dei rom e dei sinti sono persone laboriose, attive e desiderose di integrarsi pienamente nella società italiana, contribuendo al suo sviluppo economico e culturale.
La piena solidarietà alla “famiglia nel bosco” è un atto di umanità che deve andare di pari passo con un impegno concreto per la promozione dei diritti, della dignità e dell’inclusione di tutte le persone rom e sinti, combattendo ogni forma di pregiudizio e discriminazione.
La strada maestra per una vera convivenza civile e democratica.








