Un corteo di voci lacerate e striscioni eloquenti ha invaso oggi piazza Santi Apostoli a Roma, in un presidio vibrante di disperazione e speranza.
Il luogo, strategicamente scelto a breve distanza dalla sede del Ministero della Famiglia, è stato teatro di una protesta corale di genitori che contestano con forza le procedure di allontanamento dei minori dai loro nuclei familiari, un fenomeno particolarmente drammatico nel caso che ha dato il via alla mobilitazione, noto come “famiglia del bosco”.
Il manifestante si è configurato come un grido collettivo, un’esortazione a un sistema giudiziario e assistenziale spesso percepito come sordo e insensibile alle complesse dinamiche familiari.
I cartelli, scritti a mano con grafie tremanti, esprimevano messaggi diretti e commoventi: “Basta allontanamenti traumatici!”, “Il diritto alla famiglia è inviolabile”, “I bambini meritano amore, non procedimenti”.
Oltre alle rivendicazioni più generali, si sono affacciati nomi e età dei minori coinvolti, accompagnati da accuse specifiche rivolte ai servizi sociali, evidenziando un profondo senso di ingiustizia e di abbandono.
L’iniziativa è stata promossa dal neonato comitato “I figli non sono dello Stato”, un’organizzazione nata dalla consapevolezza di una crescente preoccupazione per la tutela del diritto alla famiglia e per la necessità di un approccio più umano e personalizzato nelle decisioni che riguardano i minori.
La promotrice, Arianna Fioravanti, ha sottolineato che la protesta non è una critica indiscriminata verso il lavoro degli assistenti sociali, ma un appello alla trasparenza e alla responsabilizzazione.
“Vogliamo che ogni decisione sia preceduta da un ascolto attento e approfondito, che tenga conto del benessere psicologico e affettivo dei bambini e delle famiglie,” ha affermato.
Le testimonianze dirette hanno percorso la piazza come ondate di dolore.
Madri e padri, con gli occhi gonfi di lacrime, hanno raccontato storie di separazioni ingiuste, di procedure opache e di un senso di impotenza di fronte a un sistema che sembra aver dimenticato il valore inestimabile del legame genitoriale.
Una donna ha descritto sei anni di silenzio e assenza, un vuoto incolmabile che la tormenta quotidianamente.
Un altro padre ha espresso il desiderio che lo Stato non si ergesse a sostituto genitore, ma si impegnasse a sostenere e rafforzare le famiglie in difficoltà.
Il presidio ha assunto un significato simbolico, un tentativo di dare voce a chi si sente escluso e dimenticato.
L’obiettivo è quello di trasformare il dolore in azione, di sensibilizzare l’opinione pubblica e di sollecitare un cambiamento radicale nelle politiche sociali.
I promotori hanno annunciato l’intenzione di organizzare una conferenza alla Camera dei Deputati, per portare direttamente alle istituzioni le criticità denunciate e per proporre soluzioni concrete, volte a garantire la protezione del diritto alla famiglia e a prevenire allontanamenti ingiustificati.
La battaglia è appena iniziata, alimentata dalla speranza che ogni bambino allontanato possa presto ritrovare la serenità e l’amore del suo nucleo familiare.
Il messaggio è chiaro: le famiglie non sono un problema da risolvere, ma un valore da proteggere e sostenere.






