Il fragile equilibrio del mondo contemporaneo, sospeso tra aspirazioni di progresso e la persistente ombra della violenza, necessita di una revisione radicale del nostro approccio alla sicurezza e alla coesistenza.
Il messaggio che emerge dalla celebrazione della festa di San Francesco ad Assisi, e che risuona nelle parole del custode del Sacro Convento, fra Marco Moroni, non è un semplice appello alla pace, ma un invito a disarticolare le fondamenta stesse del paradigma bellico.
La mera cessazione delle ostilità, la semplice assenza di conflitti armati, non costituiscono la vera pace.
Essa si radica, come Francesco ci insegna, in un profondo disarmo interiore, nella capacità di trascendere l’egoismo e di abbracciare la fragilità altrui.
Deporre le armi non significa solo abbandonare le tecnologie distruttive, ma anche liberarsi di pregiudizi, paure e retoriche divisive che alimentano l’odio e la polarizzazione.
La vera fraternità si manifesta nell’accoglienza dei più vulnerabili, in un’apertura genuina verso i poveri, i migranti, i rifugiati, coloro che sono marginalizzati e dimenticati.
La condivisione delle risorse, la promozione della giustizia sociale, la difesa della dignità umana non sono atti di carità, ma imperativi morali che definiscono la civiltà di un popolo.
In un’epoca segnata da una crisi ambientale senza precedenti, la custodia del creato emerge come un dovere imprescindibile, un’eredità che dobbiamo consegnare alle future generazioni.
La tutela della biodiversità, la transizione verso un’economia sostenibile, la lotta contro il cambiamento climatico non sono opzioni, ma necessità vitali per la sopravvivenza del pianeta e per garantire un futuro abitabile per tutti.
L’istituzione del 4 ottobre come festa nazionale rappresenta un riconoscimento ufficiale dei valori che animarono la vita di San Francesco, un’occasione per riflettere sul significato della pace, della fraternità, dell’inclusione e della tutela ambientale.
Ma questa celebrazione non può rimanere un mero rituale formale; deve tradursi in azioni concrete, in scelte politiche coerenti, in un impegno quotidiano per costruire un mondo più giusto e pacifico.
La coerenza tra parole e azioni è il marchio distintivo di una comunità autenticamente ispirata dai principi francescani.
Il monito di San Francesco, che stigmatizza la vanità di coloro che si accontentano di raccontare le opere dei santi senza imitarle, è un invito a superare la retorica e ad abbracciare un’esistenza improntata all’azione e alla testimonianza.
L’auspicio per un’Italia, e per il mondo intero, che sappia accogliere questo messaggio di speranza e di cambiamento, risuona come un’urgente preghiera per la fine dei conflitti che insanguinano la terra, in Ucraina, in Palestina e in ogni angolo del globo dove la violenza e l’ingiustizia perpetuano sofferenza e disperazione.
Solo attraverso un profondo disarmo interiore e un impegno concreto per la giustizia sociale potremo costruire un futuro di pace e di prosperità per tutti.