venerdì 10 Ottobre 2025
21.9 C
Comune di L'Aquila

Calcio e Guerra: Gravina tra Etica Sportiva e Dolore Umano

La recente polemica che ha visto coinvolta la nazionale italiana di calcio, e le implicazioni etiche che ne sono derivate, hanno innescato un dibattito complesso che va ben oltre il semplice risultato sportivo.
Le parole del presidente della Figc, Gabriele Gravina, pronunciate durante il premio Prisco, hanno cercato di delineare una posizione, sottolineando l’importanza di onorare l’impegno sportivo, pur in un contesto di profonda sofferenza globale.
L’eventualità di forzare una sconfitta per evitare l’accesso ai Mondiali, concedendo un potenziale vantaggio a Israele, solleva interrogativi profondi sul ruolo dello sport nel mondo e sulla sua relazione con le questioni geopolitiche.
Gravina ha escluso categoricamente questa possibilità, ribadendo il dovere di competere lealmente, un principio cardine che fonda l’integrità del calcio e, più in generale, dello sport.
Tuttavia, la questione non si esaurisce in un mero rifiuto di manovre antisportive.

Il presidente della Figc ha riconosciuto apertamente il peso emotivo e morale delle immagini provenienti dalla regione di Gaza, esprimendo una “indignazione assoluta” e un profondo “dolore” per la sofferenza umana che ne consegue.

Ha evidenziato l’impegno della Federazione, attraverso la fondazione Uefa, in iniziative di supporto all’infanzia, ma ha anche spostato la responsabilità della risoluzione del conflitto su altre istituzioni, quelle che, a suo avviso, hanno il dovere di intervenire e trovare una soluzione.
La posizione assunta da Gravina rivela una consapevolezza che lo sport, pur nella sua specificità, non può rimanere impermeabile alle drammatiche vicende che affliggono il mondo.
Il calcio, come fenomeno sociale globale, possiede una risonanza emotiva e un’influenza che lo rendono partecipe, seppur indirettamente, a questioni di portata politica e umanitaria.
Il dibattito aperto dalle sue dichiarazioni tocca temi cruciali: il ruolo dello sport come strumento di cambiamento sociale, la responsabilità delle istituzioni sportive di fronte alle crisi umanitarie, e la difficoltà di conciliare l’etica sportiva con l’imperativo morale di esprimere solidarietà e compassione.
La sua conclusione, che sottolinea l’impossibilità di non condividere il sentimento di sofferenza e dolore che pervade l’opinione pubblica, pone l’accento sulla necessità di un’azione collettiva, di un impegno che vada oltre i confini del campo da gioco e che coinvolga tutti gli attori della società civile.

Il silenzio, in questo contesto, non è un’opzione.

- pubblicità -
- pubblicità -
- pubblicità -
- pubblicità -