mercoledì 27 Agosto 2025
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Milano

Affidamento minori, il Comune subentra: nuovi interrogativi sulla tutela.

La vicenda che coinvolge la tragica perdita di Cecilia De Astis ha assunto una nuova, complessa dimensione giuridica e sociale, con la decisione del giudice delegato dei Minori di Milano, Ciro Iacomino, di affidare la responsabilità genitoriale di tre dei minori coinvolti nell’incidente mortale al Comune di Milano.
Questo provvedimento, lungi dall’essere una semplice questione di affidamento, solleva interrogativi profondi sul ruolo dello Stato di fronte a situazioni di vulnerabilità e disfunzionalità familiare, e sui delicati equilibri tra tutela dei minori e diritti dei genitori.
I tre minori, due fratelli di età rispettivamente 11 e 13 anni – quest’ultimo alla guida del veicolo – e un’undicenne, sono stati posti sotto la responsabilità del Comune.

La scelta del giudice, motivata dalla necessità di garantire la protezione e lo sviluppo psico-fisico dei ragazzi, riflette una valutazione approfondita delle circostanze familiari e della capacità dei genitori di adempiere ai propri doveri.

Nel caso della ragazzina, la notifica del provvedimento sarà indirizzata alla madre, la cui assenza o irreperibilità rappresenta un ulteriore elemento di fragilità nella sua situazione personale.

L’udienza odierna ha visto la partecipazione emotivamente carica della madre degli altri due ragazzi, e l’emersione di dinamiche familiari complesse, con la presenza di due padri diversi, entrambi detenuti e scortati dalla polizia penitenziaria.
La loro impossibilità di esercitare la responsabilità genitoriale, almeno nel presente contesto, ha accentuato la necessità di un intervento istituzionale.

Si preannuncia una giornata cruciale domani, con l’audizione del padre del quarto minore, il cui rintraccio si è rivelato problematico.
Anche nei suoi confronti si applicherà lo stesso provvedimento, indicando una linea di condotta chiara e coerente da parte del giudice.
L’individuazione dei tre minori, rintracciati dagli agenti della Polizia locale in un insediamento nomadi, ha messo in luce le condizioni di marginalità e precarietà in cui vivono, e solleva interrogativi più ampi sulle politiche di inclusione sociale e sull’integrazione delle comunità vulnerabili.

La loro permanenza in comunità protette rappresenta un tentativo di garantire loro un ambiente sicuro e di supporto, lontano dalle dinamiche potenzialmente dannose che li hanno visti coinvolti in questa drammatica vicenda.
La decisione del giudice, pur nell’ottica della tutela dei minori, pone l’accento sulla necessità di un approccio multidisciplinare, che coinvolga servizi sociali, psicologi, educatori e operatori del territorio, per affrontare le cause profonde della marginalità e offrire ai ragazzi un percorso di crescita sereno e costruttivo, lontano dalla tragica ombra del lutto e della perdita.

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