A Milano, un’opera d’arte pubblica si erge come memoria tangibile e riflessione profonda: un murale dedicato ad Alan Kurdi, il bambino siriano la cui immagine, straziante, ha fatto il giro del mondo nel settembre del 2015.
La sua tragica morte, avvenuta in mare durante un tentativo disperato di raggiungere l’Europa, ha acceso i riflettori sulla complessità e la drammaticità delle migrazioni, trasformando il suo piccolo corpo in un simbolo universale della sofferenza e della speranza.
L’opera, monumentale nella sua estensione di 130 metri quadri, trova la sua collocazione nel Parco del Giambellino, un’area periferica della città che, in un atto simbolico, ha adottato il nome del piccolo profugo.
La scelta del luogo non è casuale: il parco diventa un punto di riferimento, un invito alla riflessione costante sui diritti umani e sulle responsabilità collettive.
La realizzazione del murale è il frutto di un’iniziativa corale, guidata dalla Cooperativa Farsi Prossimo Onlus e resa ancora più significativa dall’inclusione di minori stranieri non accompagnati, ragazzi che, proprio come Alan, hanno affrontato il pericoloso viaggio in cerca di un futuro.
Questi giovani, accolti e supportati dal Comune di Milano, hanno partecipato attivamente al processo creativo, imprimendo l’opera con la loro esperienza diretta e il loro sguardo personale.
Il laboratorio artistico pubblico, organizzato durante la realizzazione, ha favorito l’incontro e il dialogo tra residenti e migranti, creando un’opera collettiva che riflette l’impegno della comunità milanese verso l’accoglienza e l’integrazione.
“È particolarmente toccante – ha sottolineato l’assessore al Welfare, Lamberto Bertolé – che i ragazzi che hanno vissuto in prima persona le difficoltà che Alan ha affrontato, abbiano contribuito a dare forma a questa opera.
Il nostro impegno costante è quello di offrire loro un percorso di integrazione, affinché possano ritrovare la serenità e la dignità che ogni bambino e ragazzo merita, al di là delle frontiere geografiche.
“L’assessore alla Cultura, Tommaso Sacchi, ha aggiunto: “Milano continua a credere nel potere dell’arte come strumento di coscienza e di speranza.
Trasformare il dolore in un messaggio condiviso, rafforzare il senso di umanità e promuovere la comprensione reciproca sono obiettivi imprescindibili per una città che ambisce a essere veramente inclusiva e accogliente.
“Il murale non è solo un ricordo di una tragedia, ma un atto di impegno civile, un monito a non dimenticare, a non voltare le spalle a chi cerca rifugio e speranza.
È un invito a interrogarsi sulle cause delle migrazioni, sulle responsabilità collettive e sulla necessità di costruire un mondo più giusto e solidale, dove il destino di un bambino come Alan non si ripeta più.
L’opera si configura come un simbolo potente della resilienza umana e della capacità di trasformare il dolore in bellezza, offrendo uno spiraglio di luce in un contesto globale spesso segnato da conflitti e disuguaglianze.