Il caso di Alessia Pifferi, la donna condannata in primo grado all’ergastolo per l’abbandono mortale della figlia di 18 mesi, continua a intrecciarsi con interrogativi di profonda complessità etica e legale. La Corte d’Assise d’appello di Milano ha sospeso temporaneamente il procedimento d’appello, concedendo una proroga per la perizia psichiatrica volta a valutare la capacità di intendere e volere dell’imputata. Questa decisione, che fissa il nuovo termine per il deposito della relazione peritale al 27 agosto, proietta il caso in una fase cruciale, dove la luce della scienza forense si applicherà a una realtà umana dolorosa e lacerante.L’incarico è affidato a un team di specialisti di elevata competenza: il psichiatra Giacomo Francesco Filippini, la neuropsicologa Nadia Bolognini e il neuropsichiatra infantile Stefano Benzoni. La loro missione è quella di investigare a fondo possibili disturbi cognitivi o deficit psichiatrici che potrebbero aver compromesso la capacità di Alessia Pifferi di comprendere appieno le proprie azioni e le loro conseguenze. La difesa ha costantemente sostenuto l’esistenza di tali condizioni, elemento fondamentale per una possibile attenuazione della responsabilità penale.La precedente sentenza di primo grado aveva stabilito la capacità di intendere e volere di Pifferi, una valutazione che ha provocato un profondo sconcerto, se non un’incredulità, in diversi membri della famiglia, come testimoniato dalla sorella Viviana, presente come parte civile. La sua testimonianza, intrisa di dolore e memoria, sottolinea la gravità della perdita, un evento che si riaccende ogni anno con l’avvicinarsi dell’anniversario, il 15 luglio. Il ricordo della bambina sola, abbandonata in condizioni estreme, si contrappone al quadro di una madre assente, dedita a un’apparente ricerca di svago, amplificando il senso di ingiustizia e il peso della tragedia.Il rinvio e la nuova perizia sollevano interrogativi cruciali. Oltre alla dimensione legale, il caso Pifferi apre un dibattito più ampio sulla responsabilità genitoriale, i confini della diagnosi psichiatrica e il ruolo della società nella prevenzione di tragedie simili. La complessità del quadro clinico di Alessia Pifferi, unita alla delicatezza della questione morale che ne deriva, richiede un’indagine peritale accurata e imparziale, che vada oltre la semplice constatazione di un disturbo, cercando di comprenderne le origini, la progressione e l’impatto sulle scelte della donna. La sentenza finale, qualunque essa sia, non cancellerà mai il dolore della perdita, ma dovrà cercare di restituire un barlume di luce in una vicenda umana profondamente segnata dalla sofferenza. La società, in questo frangente, è chiamata a confrontarsi con la sua stessa capacità di empatia e di giustizia.