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giovedì 13 Novembre 2025

Alessia Pifferi, pena ridotta a 24 anni: la sentenza definitiva

La sentenza d’appello emessa dalla Corte d’Assise di Milano ha ridotto a ventiquattro anni la pena inflitta in via definitiva ad Alessia Pifferi, ritenuta responsabile dell’atroce decesso della figlia Diana, avvenuto nel luglio del 2022 in circostanze che hanno scosso profondamente l’opinione pubblica.

La decisione si discosta dalla condanna all’ergastolo inflitta in primo grado, configurando un mutamento significativo nell’interpretazione dei fatti e nella quantificazione della responsabilità penale.

La riduzione della pena, seppur non attenuante in termini di gravità del reato, riflette un’analisi più accurata delle circostanze concrete che hanno portato alla morte di Diana.
I giudici d’appello, infatti, hanno depurato la condanna dall’aggravante dei futili motivi, elemento che in primo grado aveva contribuito ad inasprirne la pena.

Permane, invece, l’aggravante relativa al vincolo di parentela con la vittima, un fattore che inevitabilmente incide sulla valutazione del dolo e della gravità del gesto.
L’esclusione dell’aggravante della premeditazione, già disposta in sede di primo grado, conferma l’assenza di un piano criminale preordinato, sebbene non possa, in alcun modo, lenire l’orrore del comportamento tenuto nei confronti della figlia.

Le reazioni alla sentenza sono state contrastanti e profondamente emotivamente cariche.

Maria Assandri, nonna di Diana e madre di Alessia, ha espresso un doloroso silenzio, incapace di trovare parole per commentare un evento che ha lacerato irrimediabilmente il tessuto familiare.

Viviana, sorella di Alessia, ha manifestato un acceso disappunto, ritenendo la pena eccessivamente mite per un crimine di tale barbarie.

A voce del legale della famiglia, l’avvocato Emanuele De Mitri, emerge la consapevolezza che la Corte abbia riconosciuto la volontarietà dell’azione criminosa, un elemento di fondamentale importanza per la comprensione della dinamica dei fatti.
Il professionista ha espresso un rammarico che si sarebbe concretizzato qualora la Corte avesse derubricato il fatto o avesse riconosciuto un’ipotesi di responsabilità colposa, sottolineando come la sentenza, pur ridotta, confermi la responsabilità di Alessia Pifferi per omicidio volontario.

L’intera vicenda solleva, inoltre, complesse questioni di natura sociale e psicologica, inerenti al rapporto madre-figlia, alle dinamiche familiari disfunzionali e alle responsabilità individuali nei confronti dei minori.
La tragedia di Diana Pifferi, al di là della vicenda giudiziaria, rappresenta una profonda ferita nella coscienza collettiva e invita a una riflessione urgente sulle strategie di prevenzione e di sostegno alle famiglie in difficoltà, affinché simili drammi non si ripetano.

La sentenza, benché definitiva, non cancella il dolore e il vuoto lasciato dalla perdita di una giovane vita, e lascia aperto un interrogativo cruciale: come prevenire il verificarsi di simili orrori, tutelando i diritti fondamentali dei bambini e offrendo supporto a chi si trova ad affrontare momenti di grave disagio psicologico e sociale.

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