Il processo di primo grado relativo agli undici individui associati a movimenti anarchici e accusati per gli eventi che hanno accompagnato la manifestazione dell’11 febbraio 2023, a sostegno della condizione di Alfredo Cospito, si è risolto con un quadro giudiziario complesso: dieci condanne, varianti da un anno e sei mesi a quattro anni e sette mesi di reclusione, e un’assoluzione. L’inchiesta, orchestrata dalle Pubblici Ministeri Francesca Crupi e Leonardo Lesti, ha portato alla contestazione di reati quali la resistenza aggravata a pubblici ufficiali, il danneggiamento e l’ostacolo all’identificazione attraverso l’utilizzo di dispositivi protettivi per il volto.La ricostruzione presentata dall’accusa, esposta nella requisitoria, dipingeva uno scenario di premeditata guerriglia urbana. La manifestazione, secondo i pm, non era un semplice atto di protesta pacifica, bensì un’azione pianificata volta a generare disordini, manifestati attraverso imbrattamenti mirati a istituzioni finanziarie e attività commerciali, e culminati nel danneggiamento di veicoli della società Enjoy. L’organizzazione e la portata degli atti dannosi suggerivano una volontà di provocazione e di sfida all’autorità costituita, estendendo il campo della protesta oltre i confini del lecito.La lettura della sentenza, un momento cruciale e pubblico, è stata interrotta da un gesto di sfida all’interno dell’aula di giustizia, sottolineando la tensione latente tra la comunità dei manifestanti e l’apparato giudiziario. L’allontanamento forzato dei presenti, tra cui anche sostenitori degli imputati, ha amplificato la sensazione di un conflitto profondo e irrisolto. Un presidio di solidarietà, attivo fin dalle prime ore del mattino di fronte al Palazzo di Giustizia, testimonia la mobilitazione e il sostegno popolare verso i condannati e gli assolti.Gli avvocati difensori, Eugenio Losco e Mauro Straini, hanno sollevato una questione di rilevanza costituzionale, evidenziando che le condanne si sono concretizzate prima dell’entrata in vigore del cosiddetto “decreto Sicurezza”, una normativa che inasprisce le pene per determinati reati connessi a proteste e disordini. Questa circostanza alimenta interrogativi sul futuro delle strategie difensive e sull’impatto delle nuove disposizioni legislative, lasciando presagire possibili sviluppi e nuove sfide per i diritti e le libertà individuali. L’esito del processo, pertanto, non si esaurisce con la pronuncia della sentenza, ma si proietta verso un orizzonte di incertezza e potenziali ripercussioni sul panorama dei diritti civili e delle proteste sociali.
Anarchici, sentenza divisa: 10 condanne e un’assoluzione.
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