Il procedimento giudiziario che vedeva coinvolto il giovane trapper, noto come Baby Gang, e l’europarlamentare leghista Silvia Sardone, si è concluso con un decreto di archiviazione emesso dal giudice per le indagini preliminari (GIP) di Lecco, Gianluca Piantadosi.
La vicenda, nata da un post pubblicato da Baby Gang nelle sue storie Instagram nel luglio 2023, aveva portato l’eurodeputata a sporgere querela per presunta diffamazione.
Il post incriminato, difeso dall’avvocato Niccolò Vecchioni, conteneva espressioni considerate offensive e potenzialmente minacciose.
In particolare, affermazioni come “Porti solo ignoranza e razzismo e per questo che dico che se ce l’avete fatta voi a entrare in politica ce la posso fare anche io” avevano sollevato interrogativi sulla loro interpretazione e sul loro effettivo destinatario.
Secondo quanto ricostruito, il post sembrava essere una risposta a un post di Silvia Sardone su Facebook, il quale discuteva la possibile correlazione tra gli episodi di violenza scoppiati in Francia, in seguito alla morte di un giovane di origine algerina durante un controllo di polizia, e le politiche di gestione dei flussi migratori.
Il GIP, esaminando attentamente il materiale istruttorio e le argomentazioni delle parti, ha rilevato la mancanza di elementi che possano stabilire un nesso causale tra le parole di Baby Gang e le dichiarazioni di Silvia Sardone.
Un aspetto cruciale della decisione è la valutazione del contenuto del post, giudicato troppo generico e privo di riferimenti specifici.
Il giudice ha sottolineato come le espressioni ritenute minacciose, pur potenzialmente offensive, non configurino una vera e propria minaccia né contengano elementi intimidatori concreti.
La decisione si fonda anche sull’interpretazione delle intenzioni comunicative dell’artista.
Il GIP ha escluso che il post fosse idoneo ad incitare alla commissione di reati o a promuoverne la celebrazione, né che fosse chiaramente indirizzato all’europarlamentare.
La formulazione vaga e il contesto ampio in cui è inserito il messaggio rendono difficile individuare un destinatario specifico, escludendo la possibilità di un attacco diffamatorio diretto.
Silvia Sardone aveva precedentemente contestato la richiesta di archiviazione presentata dalla Procura, sostenendo la sussistenza degli elementi costitutivi del reato di diffamazione.
Nonostante l’opposizione, il GIP ha ritenuto che la richiesta di archiviazione fosse pienamente giustificata, chiudendo così la vicenda giudiziaria.
L’archiviazione rappresenta una vittoria legale per Baby Gang, ma solleva interrogativi più ampi sul confine labile tra libertà di espressione artistica, critica politica e responsabilità online, in un’era in cui i social media amplificano esponenzialmente la portata delle comunicazioni e rendono più complessa la distinzione tra opinioni pungenti e veri e propri atti diffamatori.
Il caso riflette una crescente sensibilità verso la necessità di bilanciare il diritto alla libertà di parola con la tutela della reputazione e dell’immagine pubblica, in un contesto sociale sempre più polarizzato e caratterizzato da una crescente conflittualità verbale.