La tutela dei diritti dei bambini figli di madri detenute rappresenta una sfida complessa e urgente per l’Italia, un tema che Unicef Italia monitora con crescente preoccupazione, soprattutto alla luce delle recenti osservazioni formulate dalla Corte Suprema di Cassazione in relazione alle modifiche introdotte dal cosiddetto “Decreto Sicurezza 2025”. L’obiettivo primario deve essere l’evitare che minori, innocenti vittime di circostanze dolorose, siano esposti agli ambienti carcerari, riconoscendo che la loro vulnerabilità richiede soluzioni specifiche e mirate, coerenti con gli imperativi della Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia, pilastro del sistema giuridico italiano dal 1991.La centralità del “superiore interesse del minore” impone un approccio che trascenda generalizzazioni e strumentalizzazioni, privilegiando l’integrità psicofisica del bambino e le sue necessità educative e genitoriali rispetto a considerazioni puramente cautelari. Questo principio fondamentale non è solo un obbligo legale, ma un imperativo morale che richiede un impegno concreto da parte di tutte le istituzioni.Negli ultimi anni, Unicef Italia ha intensificato il dialogo con le autorità competenti per ridurre al minimo la permanenza dei bambini in carcere con le madri. Sebbene gli Istituti a Custodia Attenuata per le Detenute Madri (ICAM) siano stati concepiti come alternative al carcere, l’esperienza sul campo, filtrata dalla prospettiva del bambino, rivela limiti significativi e inadeguatezze che ne compromettono l’efficacia. Un ambiente istituzionale, seppur meno restrittivo del carcere, non può sostituire la protezione e la stabilità offerte da una famiglia.Unicef Italia promuove con forza l’adozione di “Case-famiglia protette” come soluzione più adeguata. Queste strutture non si limitano a fornire un alloggio sicuro, ma valorizzano attivamente il ruolo genitoriale, supportano il recupero dell’autonomia della madre e promuovono la rieducazione alla legalità, offrendo al contempo un ambiente protettivo per il bambino, lontano dalle dinamiche e dallo stress del contesto carcerario. Le Case-famiglia protette si configurano come veri e propri percorsi di reinserimento educativo e sociale, dove il bambino è al centro di un’attenzione mirata e personalizzata.Il principale ostacolo alla diffusione di queste preziose strutture rimane, tuttavia, la mancanza di finanziamenti pubblici adeguati, che ne ha rallentato la realizzazione. Attualmente, solo due Case-famiglia protette operano in Italia, a Roma e a Milano, grazie all’impegno congiunto di diverse istituzioni e all’azione preziosa del terzo settore. Unicef Italia sollecita, pertanto, un ampliamento di queste esperienze su tutto il territorio nazionale, proponendo l’inserimento di risorse dedicate agli Enti locali nella prossima Legge di Bilancio. Investire nella protezione dei diritti umani dei bambini non è solo un imperativo etico, ma un investimento strategico per la sicurezza e il futuro del Paese. La parola più importante che un bambino dovrebbe imparare è quella che evoca l’affetto e la protezione dei genitori, non la paura di un ambiente chiuso e controllato.
Bambini e Madri Detenute: Unicef chiede più Case-famiglia
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