L’istituto penale minorile Beccaria di Milano, da sempre custode di storie complesse e di vite interrotte, inaugura una significativa evoluzione nella sua offerta di supporto spirituale e psicologico. L’introduzione di un imam di riferimento, figura accanto al cappellano cristiano, segna una rottura con la prassi consolidata e risponde a un’esigenza demografica ineludibile: la prevalenza, all’interno della popolazione detenuta, di giovani stranieri, molti dei quali di fede musulmana. Questa decisione, pur suscitando dibattiti e posizioni divergenti nel panorama politico, si configura, per l’amministrazione comunale, come un atto di lungimiranza strategica e un investimento nel futuro di questi ragazzi.La scelta, ben più di una semplice risposta a un dato numerico, è il riconoscimento di un diritto fondamentale: quello all’assistenza spirituale e all’orientamento morale, pilastri essenziali per la riabilitazione e la reintegrazione sociale. L’imam Dahmand Abdullah Tchina, in questo contesto, assume un ruolo cruciale, non solo come guida religiosa, ma anche come punto di riferimento per costruire relazioni di fiducia e facilitare l’accesso a percorsi di cambiamento positivo. Si tratta di ragazzi, spesso vittime di circostanze socio-economiche precarie e di esperienze traumatiche, che hanno commesso reati in un contesto di vulnerabilità e marginalizzazione. La consapevolezza che la devianza minorile sia raramente frutto di una scelta deliberata e consapevole è il presupposto fondamentale per un approccio riabilitativo efficace.L’istituzione di questa figura di riferimento si allinea pienamente con il dettato costituzionale che definisce la funzione riabilitativa della pena, mirando a offrire opportunità concrete di riscatto e a preparare questi giovani al ritorno nella società. Il Beccaria, in questo senso, si fa interprete di un modello di giustizia non punitiva, orientato alla crescita personale e al superamento dei comportamenti devianti. La città di Milano si pone così all’avanguardia, sperimentando un approccio innovativo che potrebbe aprire la strada a un cambiamento più ampio nel sistema penitenziario nazionale, promuovendo una maggiore sensibilità verso le specificità culturali e religiose dei detenuti e rafforzando il ruolo della spiritualità come strumento di crescita e di reintegrazione. L’auspicio è che questa iniziativa diventi un esempio virtuoso, capace di ispirare altre istituzioni a perseguire un modello di giustizia più umano e inclusivo, fondato sul rispetto della dignità umana e sulla concreta possibilità di una seconda opportunità.
Beccaria: Imam e Cappellano, un Nuovo Supporto per i Minori
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