Nel cuore del paesaggio bresciano, precisamente nel territorio di Vallio Terme, un episodio di grave illegalità ha interrotto la quiete naturale.
Un uomo di 78 anni, residente in provincia di Brescia, è stato sorpreso in flagranza dai Carabinieri Forestali di Gavardo mentre utilizzava una rete di dimensioni impressionanti, lunga oltre cento metri, per catturare uccelli selvatici.
L’episodio rivela un’attività di bracconaggio sistematica e premeditata, che testimonia una profonda violazione delle leggi sulla protezione della fauna selvatica.
Nonostante le difficoltà legate alla sua mobilità, l’uomo aveva creato un complesso e sofisticato sistema di uccellagione.
L’impianto, ingegnoso e studiato nei minimi dettagli, sfruttava corde e funi per raggiungere zone impervie e difficilmente accessibili, dimostrando una conoscenza approfondita del territorio e delle abitudini degli uccelli.
L’allestimento rivela un impegno significativo di tempo e risorse dedicate a questa attività illecita, suggerendo una passione, seppur distorta, per il mondo naturale.
L’intervento dei Carabinieri ha permesso di liberare tre pettirossi ancora vivi, strappandoli a una sorte incerta.
Il sequestro di dieci richiami vivi – tra cui passere scopaiole, merli e frosoni – evidenzia l’intenzione di utilizzare questi esemplari per attirare altri uccelli nella rete, perpetrando un ciclo di cattura e sfruttamento.
La scoperta di una gabbia-trappola contenente le carcasse di un picchio rosso e di un merlo, impiegate come esche, getta una luce cruda sulle pratiche spietate adottate per massimizzare il bottino.
La scelta di utilizzare carcasse di altre specie, una volta eliminate, per attirare nuove vittime, sottolinea una mancanza di rispetto profondo per la vita animale.
Le perquisizioni successive nell’abitazione dell’uomo hanno portato alla scoperta di ulteriori 46 trappole, confermando l’ampiezza e la persistenza dell’attività illegale.
L’insieme del materiale sequestrato – reti, funi, richiami, trappole, carcasse – rappresenta una prova tangibile della violazione di numerose norme a tutela della biodiversità.
L’episodio solleva importanti interrogativi sulla necessità di rafforzare i controlli e di sensibilizzare l’opinione pubblica sull’importanza della conservazione del patrimonio faunistico, sempre più minacciato da attività come questa, che ne compromettono l’equilibrio e la sopravvivenza.
La denuncia all’autorità giudiziaria conclude questa prima fase, ma apre la strada a un’indagine più approfondita per comprendere le motivazioni alla base di un comportamento così dannoso per l’ambiente e per la fauna selvatica.








