La recente ordinanza del Consiglio di Stato ha sospeso temporaneamente l’istanza cautelare avanzata dalla Regione Lombardia in merito al divieto di caccia in 475 aree montane regionali, fissando un giudizio di merito per il 9 ottobre. La decisione, comunicata dalla Regione, solleva interrogativi complessi che trascendono la mera sfera giuridica, coinvolgendo aspetti sociali, ambientali e di sicurezza sanitaria.L’Assessore regionale all’Agricoltura, Alessandro Beduschi, pur ribadendo il rispetto per le decisioni della magistratura, ha espresso una profonda preoccupazione per l’impatto di tale provvedimento. Il divieto, esteso anche alla caccia agli ungulati, configura una responsabilità che la Regione ritiene estendersi ben oltre l’interpretazione delle leggi, toccando la tutela di interessi collettivi e la gestione responsabile del territorio.La Regione Lombardia, forte di una tradizione venatoria radicata e di una regolamentazione rigorosa, percepisce il divieto come una limitazione ingiustificata di un’attività lecita e contribuente all’equilibrio ecosistemico. La caccia, infatti, non è solo un’attività ricreativa, ma uno strumento cruciale per il controllo della fauna selvatica, in particolare per quanto riguarda la gestione della popolazione di cinghiali. La loro proliferanza, alimentata anche dalla mancanza di controlli, costituisce una seria minaccia per l’agricoltura, la sicurezza stradale e, soprattutto, per la salute pubblica.Il nodo cruciale risiede nella gestione della Peste Suina Africana (PSA), una zoonosi virale devastante per il settore suinario, di cui la Lombardia è uno dei principali produttori a livello nazionale, con oltre il 50% della produzione italiana. Limitare la caccia significa compromettere seriamente la possibilità di contenere la diffusione del virus, con conseguenze economiche e sanitarie potenzialmente catastrofiche. L’affermazione contenuta nell’ordinanza, secondo cui non esisterebbe prova che i cinghiali presenti nei valichi montani siano portatori di PSA, appare, per l’Assessore Beduschi, gravemente superficiale. La mobilità intrinseca di questi animali, capaci di attraversare confini regionali, rende impossibile garantire che i cinghiali infetti presenti in Lombardia non possano propagare il virus attraverso i valichi montani verso altre regioni.La questione, quindi, si pone come un problema di responsabilità interregionale. Impedire la caccia significa precludere alla Lombardia la possibilità di tutelare i propri territori e, contemporaneamente, di proteggere le regioni confinanti. La decisione del Consiglio di Stato appare, pertanto, in contrasto con un approccio prudenziale e basato sulla prevenzione, indispensabile per affrontare una sfida complessa come la PSA. La Regione Lombardia si appresta a presentare le proprie argomentazioni nel giudizio di merito, confidando in una valutazione più completa e attenta alle implicazioni concrete di tale provvedimento.
Caccia sospesa in Lombardia: allarme PSA e scontro con il Consiglio di Stato.
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